Si è chiuso poco fa il processo di primo grado sul caso di Ca’ della Robinia, l’immobile di Nervesa dove un tempo sorgeva il Disco Palace e che poi fu al centro di un progetto, finanziato con fondi regionali, per trasformarlo in fattoria didattica e per dare lavoro a 16 disabili. Solo che, poi, al suo posto, spuntò una birreria. I giudici del collegio del tribunale di Treviso presieduto da Umberto Donà hanno condannato a 4 anni di reclusione per corruzione Mario Modolo, all’epoca dei fatti dirigente dei servizi sociali della Regione, a 3 anni e 6 mesi a Giancarlo Baldissin per corruzione e bancarotta, e tre anni per bancarotta a Pierino Rebellato, consigliere della società cooperativa poi fallita. Sentenza di non doversi procedere per l’ex europarlamentare e assessore regionale Remo Sernagiotto, deceduto a fine novembre del 2020, ma per volere della famiglia il suo nome è rimasto nel procedimento. Infine per tutti gli imputati, compreso il consulente finanziario Egidio Costa, sentenza di non luogo a procedere per truffa in quanto il reato è caduto in prescrizione.
Il caso è quello noto ed è legato a Ca’ della Robinia, la società che tra il giugno e il novembre del 2012 percepì, in due diverse tranches, dalla Regione Veneto un finanziamento di oltre tre milioni di euro destinati alla realizzazione di una fattoria sociale per disabili nella sede dell’ex Disco Palace di Nervesa. Ma invece di attuare il progetto costruendo un laboratorio artigianale per la lavorazione del latte, un forno del pane ed altri laboratori didattici, con i contributi pubblici fu realizzata una birreria ceduta con affitto di ramo d’azienda al prezzo di 30.000 euro annui. Non solo. In uno dei due appartamenti, destinati ad ospitare disabili, che si sarebbe dovuto ricavare dall’ex Disco Palace, vi era andato a vivere il vicepresidente della società Ca’ della Robinia, fallita nel 2016. Alla prima udienza, nel settembre del 2020, la testimonianza clou fu quella di Milanese che aveva puntato il dito contro diversi imputati anche se aveva ammesso di aver usato parte dei soldi percepiti per attuare il progetto Ca’ della Robinia, per appianare debiti personali e delle società dei figli Selene e Stefano.
