La tomba di Saman scavata per ben 6 volte: un riscontro che potrebbe avallare la tesi della premeditazione del suo barbaro omicidio. C’è grande attesa per l’udienza di oggi nel processo a carico dei 5 familiari imputati dell’omicidio della 18enne di origini pakistane avvenuto a Novellara, specie dopo che nelle ultime ore i consulenti hanno depositato le perizie dell’esame anatomo-patologico e quella relativa al luogo dell’occultamento del cadavere, sepolto nella campagna emiliana per oltre un anno e mezzo prima del suo ritrovamento.
Due momenti che rilanciano l’orrore di una vicenda su cui ancora non è stata scritta tutta la verità. Innanzitutto, la perizia che avalla la tesi della premeditazione che, nel ricostruire le fasi della morte della 18enne uccisa e sepolta a Novellara, a pochi metri dall’abitazione dove viveva con la famiglia, per essersi opporsi alle nozze combinate. Un’analisi che ha indicato chiaramente che la fossa diventata la sua tomba è stata scavata per 6 volte. E poi, quelle lacrime di Shabbar in aula: quando il genitore è scoppiato a piangere nell’ascoltare la relazione e nel guardare le foto del corpo della figlia che l’anatomopatologa Cristina Cattaneo ha illustrato argomentando la perizia sui resti della ragazza. Perizia dalla quale emerge che su unghie e indumenti della vittima non ci sarebbe nessuna traccia del Dna degli imputati.
Ma è l’analisi del terreno stratificato che ha ospitato i resti di Saman che potrebbe fare la differenza processuale. E anche se le tempistiche non sono determinabili, come riporta tra gli altri il Corriere della sera sul punto, «il fatto che il terreno sia ben stratificato determina che questa parte del riempimento si sia in realtà costituita da una serie di 6 eventi che si sono susseguiti nel tempo. E che non possono assolutamente essersi depositati in un unico momento». Una considerazione «tecnica», quella che hanno avanzato gli autori dell’analisi articolata in 500 pagine, che soffermandosi a lungo sullo studio del luogo — un casolare diroccato a 400 metri dall’abitazione degli Abbas dove, il 18 novembre del 2022, sono stati trovati i resti della povera diciottenne — andrebbe a corroborare la tesi della premeditazione.
Non solo. Nei giorni scorsi è stato stabilito che chi ha scavato la “tomba” di Saman avrebbe approfondito lo scavo «tramite l’impiego di soli badili introdotti nei depositi indisturbati e con un piede, sulla parte superiore della lama della pala spinta in profondità». Un lavoro fatto, proseguono i consulenti tecnici, con attrezzi potenzialmente compatibili proprio con quelli trovati nelle case dello zio e dei cugini.
Infine, la perizia medico-legale elaborata dal medico legale Cristina Cattaneo. Dall’archeologo forense Dominic Salsarola. E dal genetista Roberto Giuffrida e dall’anatomopatologo Biagio Leone, ha stabilito inoltre che Saman è morta per asfissia meccanica. Ma non si sa in quanto tempo sia morta. Né si può escludere la possibilità che sia stata sepolta viva. Nella “tomba”, però, sarebbe stata calata per le braccia da almeno due persone. Un orrore senza fine che le lacrime di Shabbar, movente e argomentazioni della difesa, non potranno mai bastare a ridimensionare…
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