Venerdì 8 settembre, ore 11.30. Le note del Silenzio, una corona e le massime autorità presenti. Tutto per ricordare le 200 persone, di cui 53 bambini, che in poco più di un anno, tra il luglio 1942 e il settembre 1943, sono morte all’interno della caserma Cadorin di via Feltrina, quella che fu il campo di internamento di Treviso.
Per l’8 settembre il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, insieme al sindaco Mario Conte, al prefetto Angelo Sidoti e al colonnello Marco Bollici, ha depositato davanti alla lapide esterna alla caserma la corona per commemorare l’ottantesimo anno dalla chiusura del campo, interamente gestito dalle forze armate italiane, che oggi ospita il 33° Reggimento, e in cui sono passati oltre 20 mila prigionieri, tra internati sloveni e croati, prigionieri di guerra anglofoni di origine sudafricana e neozelandese e militari in servizio.
Una pagina nera della storia di Treviso raccontata grazie a Istresco, l’istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea della Marca Trevigiana, il Comune di Treviso e il Reggimento, proprio nel giorno dell’Armistizio firmato dall’Italia con i governi alleati e che ha portato alla liberazione degli internati, aiutati a fuggire dai contadini nelle campagne venete e dai partigiani.
Prima della commemorazione è stato possibile calcare gli spazi dove i prigionieri hanno vissuto in condizioni di freddo, malnutrizione e sovraffollamento e grazie alla testimonianza di Vera Cimpric, che all’epoca della reclusione aveva 12 anni, è stato possibile rivivere la drammaticità della situazione.
«Quello che ricordo è la fame, che era un metodo per neutralizzarci, ci trasformavamo in delle bestie alla ricerca di un boccone», ricorda Vera ora ultranovantenne, «Però grazie alla fame ho potuto conoscere i trevigiani che, passando in bici qui davanti, ci lasciavano del cibo. Grazie a loro ho sviluppato il sentimento di tolleranza e non mi sono lasciata logorare da odio e rancori».
Oltre a quella di Vera Cimpric, anche la testimonianza del giornalista Ivo Jevnikar, che ha ricordato come gli internati sloveni e croati, nonostante tutto, all’interno del campo abbiano creato asili e scuole e abbiano consacrato ben 7 sacerdoti. «L’8 settembre è una data spartiacque», ha affermato il ministro Nordio, «Il riscatto dell’Italia è iniziato proprio in quel momento. Essere qui oggi significa raccontare e mantenere vivo il ricordo perché non accada più».
Il sindaco Conte invita i trevigiani ad andare a visitare la caserma diventata ufficialmente patrimonio culturale di interesse storico. «Qui sono morte 200 persone e sono ancora tanti i trevigiani che non conoscono quello che è accaduto in questi spazi». «Da oggi questo è diventato un luogo di memoria e commemorazione. Poter raccontare questa parte di storia è segno di una gestione illuminata», chiosa Francesca Meneghetti ricercatrice Istresco.