Attenderanno il loro processo in carcere e agli arresti domiciliari gli ex operatori sanitari della casa di riposo “Monumenro ai caduti”, accusati dal pm Andrea Petroni (filmati e indagini dei carabinieri, agli atti) di aver trasformato in un orrore, un calvario di violenze e brutalità, la permanenza di decine di anziani ospiti del “reparto viola”, tra il 2019 e il marzo 2023.
I termini per la custodia cautelare stavano per scadere, ma l’udienza preliminare convocata per ieri dalla giudice Benedetta Vitolo per decidere del futuro giudiziario degli imputati, ne ha prorogato la durata per altri sei mesi: nessuno, per ora, torna libero.
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Due i filoni d’indagine che si sono intrecciati. Da una parte c’è quello che vede il 54enne Davide Barresi accusato - oltre che di alcuni episodi di maltrattamento - di aver stuprato, anche più volte al giorno, sette anziane ospiti, che hanno dovuto subire l’indicibile, perché incapaci di difendesi o chiedere aiuto, vittime delle violenze sessuali dell’uomo.
Ieri, Barresi ha depositato una propria dichiarazione per chiedere scusa alle vittime e alle loro famiglie, ma ha anche sostenuto di essere «malato», chiedendo di essere curato, seppur pronto ad affrontare qualsiasi condanna. L’avvocato difensore Giorgio Pietramala ha chiesto che il suo cliente sia sottoposto a perizia psichiatrica: se fosse dichiarato parzialmente o totalmente incapace di intendere e volere, la sua posizione ne uscirebbe alleggerita. Ma la gup Vitolo ha respinto la richiesta: non ci saranno perizie per Barresi, ma un processo con rito abbreviato per le violenze sessuali aggravate che gli sono contestate, immortalate dalle microcamere che i carabinieri avevano installato per verificare cosa avvenisse in quel reparto, dopo le segnalazioni arrivate da familiari e dalla stessa nuova dirigenza della casa di riposo, che avevano raccolto testimonianze di brutalità.
Per il pm Petroni le botte, le angherie, gli insulti, gli atti di bullismo, il cibo negato, le minacce hanno scandito la quotidianità dei pazienti affidati a un gruppo di operatori.
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In carcere sono così finiti, un anno fa, Fabio Danieri e Maria Grazia Badalamenti, cinquantenni di San Donà, coppia nella vita e nel lavoro ai quali vengono contestati il maggior numero di maltrattamenti inflitti a decine di pazienti: ingiurie, minacce, pugni, schiaffi, cibo gettato invece che distribuito. Agli arresti domiciliari altre due operatrici sandonatesi, Anna Pollazzon e Margie Rosiglioni, mentre altri cinque indagati sono liberi.
Sarà il processo a stabilire le eventuali responsabilità di ognuno. Gli avvocati difensori hanno avanzato richiesta di rito abbreviato, condizionandolo però alla redazione di una nuova perizia medica, che la gup Vitolo - in questo caso - ha concesso: udienza l’11 settembre per la nomina del consulente del giudice, chiamato a rispondere a un preciso quesito.
Tra le accuse mosse ai quattro imputati agli arresti c’è, infatti, anche quella di aver contribuito con i loro maltrattamenti alla morte dei una anziana signora: morte in conseguenza di altro reato, l’ha definita il pm Petroni, forte del risultato di una perizia medico legale che ha riscontrato fratture alle costole e lesioni sul corpo della donna. Una lettura contrastata dai legali delle due donne agli arresti domiciliari (gli avvocati Zanata e FrPavan) che puntano a ridimensionare le posizioni delle loro assistite. Sin qui si tratta di accuse: sarà la giudice a stabilire eventuali responsabilità e pene: processo nel 2024.