“Ci dicevano di sbrigarci perché non volevano pagare gli straordinari. Per questo non c’era la grata. Così finivamo prima”: sono le dichiarazioni di un bagnino dipendente delle Terme Sabine di Cretone, in provincia di Roma, dove il 17 agosto scorso un bimbo di 8 anni è morto dopo essere stato risucchiato dallo scarico di una delle tre piscine. Secondo quanto riportato da La Repubblica, il lavoratore ha spiegato così l’assenza della grate di sicurezza, fattore ritenuto fondamentale dai pm nella dinamica del drammatico incidente. Per il dipendente, in nome del profitto si tagliava sulle norme di sicurezza.
“Quella grata non l’ho mai vista”, ha aggiunto il bagnino, ora indagato insieme a un collega bagnino e a due amministratori delle Terme nell’inchiesta aperta dalla Procura di Tivoli per omicidio colposo. Come riporta ancora il quotidiano, altri dipendenti della struttura sentiti come testimoni hanno confermato la versione del bagnino sul mancato rispetto delle norme di sicurezza in nome del profitto. Nella sua dichiarazione il lavoratore ha anche parlato degli attimi precedenti la tragedia, avvenuta durante le fasi di svuotamento e pulizia delle vasche. Ha spiegato come in quel momento al bar fosse presente molta gente, mentre “il resto delle persone erano dietro la corda con cui veniva isolata l’area delle piscine per la fase dello svuotamento“. “Sono stato chiamato ad attivare il sistema di svuotamento e non ho visto che è successo”, ha concluso.
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