Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, è attesto al carcere delle Vallette di Torino, dove ieri – 11 agosto – due detenute si sono tolte la vita a distanza di poche ore. Era stato Vicente Santilli, segretario regionale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe) a dare notizia del primo suicidio: una donna nigeriana di 43 anni si è lasciata morire di fame. Poco dopo, il sindacato di polizia penitenziaria Osapp ha comunicato il secondo decesso: nel tardo pomeriggio una detenuta italiana si è impiccata nella propria cella.
La donna che si è lasciata morire di fame si chiamava Susan John, era sposata e aveva un figlio di 4 anni. Era stata portata nel carcere delle Vallette il 21 luglio dopo avere trascorso un lungo periodo agli arresti domiciliari: doveva scontare una pena detentiva inflitta per tratta e immigrazione clandestina. La procura ha aperto un’inchiesta. Lunedì prossimo sarà affidata l’autopsia. Secondo quanto trapela la 43enne rifiutava il cibo perché “voleva vedere il figlio“. “Non diceva altro”, si apprende da fonti informate.
“Finché non si accetterà di convertire in pene alternative tante detenzioni insensate, come quelle per reati minori o quelle che riguardano persone con patologie psichiatriche, non si agirà mai sul sovraffollamento delle carceri e sul disagio di detenuti e operatori”. A dichiararlo in una nota è il parlamentare di Alleanza Verdi Sinistra, Marco Grimaldi. “Mesi fa – continua la nota – abbiamo chiesto al ministro Nordio, con un’interrogazione, di ripristinare l’ampliamento dei colloqui telefonici dei detenuti con i propri cari deciso in fase pandemica, anche per ridurre il rischio suicidario. In tutta risposta il ministro rimanda alle decisioni delle Direzioni carcerarie”.
“Se il carcere non sa salvare chi si lascia morire di fame” è il titolo di un intervento di Mauro Palma, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, che su La Stampa commenta quanto avvenuto nel carcere di Torino. “Il corpo – scrive il Garante – , soprattutto per chi ha minori strumenti interpretativi e comunicativi o per chi sa di non essere ascoltato, diviene l’assoluta espressione linguistica: non solo nel tagliarsi, nel mutilarlo, anche nel renderlo strumento della propria richiesta e a volte del proprio desiderio di urlare. Occorre con urgenza e da parte della collettività saper dare una diversa direzione a questa deriva”. “Occorre – prosegue Palma – interrogarci sulla responsabilità collettiva relativamente sia alla fisionomia del carcere, che rischia di divenire un luogo di mera restrizione, percepito di assoluto non ritorno da parte di chi vi giunge, sia alla drammaticità della forma estrema di comunicazione di chi non ha altra voce per urlare, se non quella del proprio corpo. Un corpo anche da distruggere per poter dire”.
“Bene che il ministro Nordio visiti il carcere di Torino ma non vogliamo capri espiatori“, ha dichiarato il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella. Secondo Gonnella, trovare responsabilità nei vertici non risolve il problema. “Si dovrebbe invece aumentare i rapporti del carcere con l’esterno – spiega -. Se quella donna nigeriana che si è lasciata morire, senza mangiare e bere, avesse avuto più rapporti e telefonate dall’esterno, se fosse stata seguita da un etno-psicologo, probabilmente non sarebbe morta. Da queste vicende non se ne esce con i capri espiatori, né aumentando la sorveglianza a vista sui detenuti. Se ne esce con una vita più dignitosa in carcere e aumentando le relazioni affettive per i detenuti”.
I radicali hanno firmato un appello per chiedere ai parlamentari e ai consiglieri regionali piemontesi di poter visitare “con la massima urgenza” il carcere torinese delle Vallette. L’appello è firmato da Sergio Rovasio, presidente dell’associazione Marco Pannella di Torino, e Mario Barbaro, membro della segreteria del partito radicale. La lettera denuncia “la situazione di totale illegalità in cui si trova il carcere delle Vallette”, che viene definito “in pessimo stato” e “uno dei peggiori d’Italia“. Si parla di “gravissime carenze di personale di vigilanza e sanitario, strutture fatiscenti, elevato numero di detenuti con problemi psichiatrici senza adeguata assistenza, sovraffollamento, assoluta mancanza di interventi adeguati di aiuto al reinserimento sociale, sono solo alcune delle carenze che da anni vengono segnalate alle autorità nell’indifferenza generale“.
L'articolo Doppio suicidio nel carcere di Torino: Nordio visita le Vallette. Antigone: “No ai capri espiatori. Il problema si risolve con la dignità” proviene da Il Fatto Quotidiano.