TRIESTE Un fratello aggiunto sul quale poter sempre contare, l'amico di una vita, il primo allenatore capace di essere anche maestro di vita, un compagno di squadra pronto a farsi in 4 per gli altri. Era questo e molto altro Alessandro Riosa, storico libero e capitano del Ponziana della cui scomparsa ricorrono oggi i trent'anni.
E così lo ricorda chi ha avuto l'onore di conoscerlo - che sia stato per una vita intera fianco a fianco o appena per poche stagioni con la stessa maglia dei veltri - a 30 anni da quel terribile frontale nei pressi di Cecina che si portò via lui, il figlio Tiziano e la cognata Claudia mentre erano diretti all'Isola d'Elba per le vacanze.
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«Quel pomeriggio è stato uno dei momenti più brutti della mia vita, all'improvviso ero rimasto senza quel cugino che era come un fratello con cui condividevo tutto», esordisce Franco Severi. «A lui mi legano tutti i miei ricordi calcistici, a partire da una partita amichevole da bambini al "Grezar" prima di un Triestina-Seregno. Io che ero attaccante tirai in porta - ricorda il cugino, che ad inizio anni 2000 organizzò anche un torneo in suo onore - e il portiere avversario era proprio lui che fece una parata spettacolare tra gli applausi dei presenti, ancora oggi ho davanti agli occhi quell'immagine. E poi i primi allenamenti a Guardiella, gli anni insieme al Ponziana, i tornei con il "Padovan" e il bar Arena e milioni di altre cose fatte insieme. Ha passato davvero tutta la vita spalla a spalla con me, non è un modo di dire». Uscito dai pali e diventato libero, Riosa nasceva appunto portiere e agli anni da estremo difensore risale il suo soprannome.
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«Per tutti noi che lo conoscevamo da sempre era semplicemente "Giulio" da "Julio Riosas portieres do Brasil" come l'avevamo rinominato da bambini», è il racconto dell'amico fraterno Piero Pison, che ne tesse poi le lodi da sportivo a tutto tondo. «Era forte in qualsiasi sport, dalla pallamano al basket alla pallavolo - ancora Pison - e poi anche da allenatore era portato perché ci sapeva fare coi più piccoli».
Tesi confermata dall'attuale direttore del settore giovanile della Triestina Stefano Lotti: «Sandro è stato il mio primo mister al Soncini, e lo ricordo ancora come una persona speciale dal punto di vista umano che mi dava un sacco di consigli». E infine chi ci aveva giocato insieme a fine carriera. «Giocammo insieme un paio di stagioni ed era una persona speciale, che poi vedevo anche per lavoro visto che mi portava i detersivi in ristorante», è il ricordo di Renato Tugliach, compagno ai tempi del Ponziana come Walter Lenardon. «Con Sandro ho sempre avuto un legame fantastico, siamo stati anche colleghi da Zagaria e ci siamo visti pochi giorni prima dell'incidente perchè gli feci le pratiche del leasing - così l'ex Padova - e sono sempre rimasto in ottimi rapporti anche con sua moglie Laura e suo figlio Lorenzo (unici sopravvissuti alla tragedia, ndr)».
Ed oggi "Giulio" rivive proprio in Lorenzo, per una somiglianza eclatante che trova il culmine nella stessa lunga chioma bionda e negli stessi modi garbati, indimenticabili ed indimenticati per chiunque abbia condiviso con lui anche solo una piccola parte del cammino. Cammino che ha avuto anche due guide illustri come gli allenatori "Cesco" Molinari e "Cece" Ruan, scomparsi da pochi mesi ed ora finiti da qualche parte in compagnia dell'allievo Riosa, a colorare di biancazzurro questo cielo un po' triste di fine luglio.
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