foto da Quotidiani locali
Il servizio incrocia solitudini e disagi, tenuti spesso alla catena dal pudore di tanti anziani. Malesseri sotto traccia, che quando affiorano si traducono in ricoveri sociali, più che sanitari puri, con un affanno doppio: per l’ospedale che s’ingolfa e per gli anziani, che una volta allettati si appannano nei sensi e perdono rapidamente autonomia. Il servizio in questione è quello svolto a domicilio dagli infermieri di famiglia, previsto e incoraggiato dal decreto Rilancio del 2020.
Che la premura di questi infermieri sia preziosa, e conveniente per tutti, lo testimonia uno studio dell’Asst di Mantova su 890 anziani presi in carico a partire dallo scorso gennaio: il numero di ricoveri, soprattutto attraverso il canale del pronto soccorso, si è asciugato di oltre il 76 per cento, mentre visite ed esami specialistici si sono compressi dell’80 per cento.
Nel dettaglio – come riferiscono il responsabile della Direzione aziendale delle professioni sanitarie e sociosanitarie (Dapss), Stefano Bernardelli, e il direttore generale dell’Asst, Mara Azzi – si è andati a misurare il numero di ricoveri sei mesi prima e sei mesi dopo la presa in carico degli anziani: il rapporto è di 273 a 57. Non solo, anche la durata media dei ricoveri che ancora si registrano si è comunque ridotta da undici a otto giorni. «Segno che i pazienti arrivano in ospedale in condizioni meno compromesse» osservano Azzi e Bernardelli.
Quanto alle “prestazione ambulatoriali specialistiche”, come si definiscono in gergo medico, il rapporto è di 4.151 a 978. Ma mai come in questo caso i numeri, che comunque impressionano, rischiano di raffreddare una materia viva e dolente, fatta di storie, sbandamenti emotivi e silenzi via via sempre più cupi. Una materia che interroga il sommarsi delle stagioni e lo sfilacciarsi dell’orizzonte davanti a sé. La vecchiaia, insomma, con le sue curve e i suoi dossi, sotto il cielo di una società dove l’aspettativa di vita ha guadagnato anni preziosi, ma complicati da maneggiare.
«Per questo, in prospettiva, gli infermieri di famiglia rappresentano il paradigma di cura del futuro prossimo – interviene il direttore generale dell’Asst – perché danno gambe alla riforma sanitaria, in accordo con tutti gli attori che ruotano attorno al soggetto preso in carico». I medici di famiglia e gli altri specialisti, certo, ma anche i servizi sociali se la situazione lo sollecita. «Esiste un mondo sommerso – conferma Bernardelli – succede che per senso del pudore e dignità molti anziani in affanno si rendano invisibili». Ecco perché entrare nelle case e nelle abitudini di queste persone è fondamentale per bucarne la bolla d’isolamento.
E anche quelli che invisibili non sono, grazie alle cure a domicilio possono difendere più a lungo la propria autonomia, con il sollievo pure dei familiari. Quant’è robusta la truppa degli infermieri di famiglia dell’Asst? Una ventina per tutta la provincia, cifra che sale a quarantatré sommando anche gli infermieri di comunità, il cui ambito d’azione è più largo, anche se sempre circoscritto ed esterno all’ospedale. L’avanguardia sociosanitaria del futuro che avanza.