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Fino a ventuno mensilità di salario arretrato per le ventitré operaie rimaste in organico, sedici invece per chi si è già dimessa per giusta causa. E ora il calzificio Lvt di Castel Goffredo (ex Levante) corre ai ripari chiedendo al tribunale di accedere alla procedura di concordato preventivo con riserva, ottenendo così il congelamento dei debiti fino alla presentazione del piano di risanamento. La domanda è stata depositata dalla società il 14 luglio: quattro giorni prima dell’udienza in tribunale per l’istanza di fallimento presentata dalla Filctem Cgil a fronte della montagna di stipendi arretrati.
Nominato commissario giudiziale l’avvocato Patrizia Rodella, il tribunale ha concesso alla srl fino al 12 settembre per presentare la sua proposta. Tintoria ferma da tempo, produzione a singhiozzo in mezzo a una cassa integrazione ordinaria che si trascina dalla primavera, dopo un susseguirsi di decreti ingiuntivi caduti nel vuoto di promesse mai mantenute, è giugno quando la Filctem Cgil deposita l’istanza di fallimento. «È una situazione che si trascina da anni – spiega la segretaria del sindacato Carla Chiusi – che si è aggravata con la pandemia prima e poi con il conflitto Russia-Ucraina, tanto da raddoppiare, fino a triplicare gli stipendi arretrati delle lavoratrici. Questo ha portato moltissime a decidere di dimettersi per giusta causa in questi mesi».
I primi decreti ingiuntivi chiesti dal sindacato sono del 2022: «Da anni incalziamo l’azienda quotidianamente perché rispetti i pagamenti di stipendi e di rate di arretrati degli ex dipendenti. Seppur con ritardi e diversi solleciti, in parte stipendi e rate erano stati recuperati fino a dodici mesi fa. Per gli ex dipendenti in particolare, gli accordi depositati all’Ispettorato del lavoro e in tribunale per il recupero di stipendi arretrati e Tfr prevedono la possibilità di adire per vie legali se l’azienda non rispetta le scadenze». Il fatto è che da gennaio di quest’anno i pagamenti del pregresso saltato si sono di nuovo fermati. «Quando, nonostante il tempo concesso, non è arrivato alcun pagamento – prosegue Chiusi – siamo intervenuti come categoria, attraverso il nostro legale, dapprima con decreti ingiuntivi e poi con il pignoramento. Ma non essendoci le condizioni per rimettere almeno in pari i pagamenti, non avevamo a quel punto altra scelta che presentare l’istanza di fallimento». Ed è stato durante l’udienza del 18 luglio che «abbiamo appreso della richiesta di concordato preventivo che a questo punto prevale».
Richiesta, deliberata il 28 giugno dal consiglio di amministrazione, che la srl motiva con la «recente congiuntura economica – si legge nel ricorso depositato in tribunale – associata all’incremento del costo delle materie prime e in particolare dell’energia elettrica di cui è grande consumatrice che hanno generato una profonda crisi di liquidità della società che ad oggi non appare più in grado di adempiere puntualmente alle proprie obbligazioni». Ovvero prima di tutto gli stipendi a chi è sempre rimasto a lavorare lì, in via Avis a Castel Goffredo. Nonostante tutto.
Ma come racconta Carla Chiusi è «solo frequentando i lavoratori, che quotidianamente incontro o sento al telefono, che si percepisce la fiducia e la forte dedizione al lavoro che hanno sempre dimostrato nei confronti dell’azienda. Fiducia in particolare verso la vecchia gestione, che aveva portato Levante a livelli notevoli di importanza, conosciuta in tutto il mondo e che permetteva ai lavoratori condizioni di lavoro buone». E «la cosa più grave è che le generazioni successive a quella dei fondatori hanno tradito i lavoratori promettendo pagamenti che avvenivano sempre più in ritardo, usandoli come banche».