GPRIZIA Dal 1981 al 2021 Gorizia ha perso un quarto dei suoi abitanti: 9 mila cittadini. Le accelerazioni maggiori si sono registrate nel 1991 e nel 2001. Le premesse della situazione attuale non risalgono a ieri o all’altro ieri, bensì a un tempo più remoto: agli anni Ottanta e Novanta in particolare. I motivi di questo calo demografico? Sono molteplici. Risiedono, per esempio, nell’invecchiamento progressivo della popolazione e nell’attrattività del territorio, evidentemente ritenuto non molto brillante per costruire una famiglia.
La presenza di tanti anziani è allora una conseguenza inevitabile. Il divario tra decessi e nascite si fa sentire e viene in parte compensato grazie ai nuovi goriziani, provenienti sia dai comuni vicini sia dai Paesi stranieri. Essi rappresentano circa il 10% della popolazione attuale. Per il 50%, nel 2021, provenivano dall’Est Europa (in primis dalla Slovenia, 16,4%, poi dal Kosovo, 11,4%, dalla Bosnia-Erzegovina, 8,4% e dalla Romania, 7,5%). Questi nuovi goriziani appartengono prevalentemente all’età fertile: soprattutto, vanno dai 30 ai 49 anni. Ogni anno, più nel dettaglio, ne giungono circa 250. Di fatto, la città dal 2016 ha perso mediamente 350 persone all’anno e la previsione è infausta: seguendo il trend nazionale, la città è destinata a scendere, attorno al 2050, sotto i 30 mila abitanti.
Se non ci fossero i nuovi ingressi, il calo sarebbe ancora più accentuato. Del resto, quella che in una sala della parrocchia di Sant’Anna ha presentato il sociologo Massimiliano Moschin, docente allo Iusve di Venezia, è stata un’analisi a largo spettro. L’occasione era data da un incontro promosso dalla stessa parrocchia con il patrocinio del Comune, di Asugi e del Centro Aiuto alla Vita. Il titolo era “Essere madri oggi: tavola rotonda sulla maternità”.
«L’età media in cui uomini e donne creano una famiglia si sposta sempre più in avanti – ha affermato Moschin –. A tal proposito, sarebbe sbagliato pensare a questi cambiamenti solo in un’ottica economica e di servizi: da ogni punto di vista si tratta di mutamenti culturali che richiedono riflessioni e prese di posizione adeguate».
Al numero di nati che non è poi così elevato, si unisce poi la presenza in città di molte persone sole, non sempre autosufficienti. «Il problema è che il concetto di famiglia è stato decisamente messo in crisi, completamente scardinato», ha ancora affermato Moschin, continuando a gettare sguardi sulla città. Oltre a un indice di vecchiaia superiore del 60% rispetto alla media italiana, Gorizia ha una buona integrazione di stranieri e un alto livello di scolarizzazione che, al di là dell’impagabile importanza dell’istruzione, contribuisce tuttavia a far sì che le famiglie non si formino a vent’anni, ma ad un’età più avanzata. C’è poi un altro dato significativo: il territorio è connotato da una scarsa mobilità fuori dal comune. Cosa significa? Che per lo più si vive e si lavora a Gorizia.
All’incontro era anche presente Pierino Boschian, direttore del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Gorizia-Monfalcone. È emerso da parte sua e delle ostetriche del Percorso Nascita Isontino un dato confortante: a fronte di un calo generalizzato della natalità, nel punto nascita di Monfalcone, nel 2022 si è superato il record del centro con 828 neonati e i primi sei mesi del 2023 hanno già visto venire alla luce 50 bimbi in più rispetto allo scorso anno. Insomma, il trend è positivo. Le ostetriche che hanno partecipato all’evento sono state Roberta Giornelli, Antonella Del Sordi, Roberta Cerutti, Elisa Braida, Francesca Denitri e Maria Chiara Del Savio. Quest’ultima ha illustrato la propria esperienza in Angola, dove ha potuto vedere una realtà ben differente dalla nostra. Roberta Giornelli, responsabile ostetrica area Isontina ha evidenziato: «Dalla chiusura del Punto nascita di Gorizia l’offerta dei servizi del Percorso Nascita integrato ospedale-territorio si è ampliata e prevede un accompagnamento continuativo dal periodo preconcezionale fino ai mille giorni di vita. Negli ultimi anni è stata implementata l’attività delle visite domiciliari delle ostetriche offerte oggi a tutte le donne nelle 48 ore successive al parto e nelle settimane seguenti all’evento. Inoltre, il potenziamento è anche sul post partum, periodo molto sensibile e del tutto scoperto dai servizi: in questi caso l’intervento è soprattutto per il sostegno e la promozione dell’allattamento»
