Il Belgio ha chiuso ieri i conti con i terroristi islamici che la mattina del 22 marzo 2016, con tre attentati consecutivi, nell’arco di un’ora, colpirono il Paese facendo 32 morti e 340 feriti fra l’aeroporto di Zaventem e la metropolitana di Maalbeek per vendicare l’intervento belga nella coalizione internazionale proiettata contro lo Stato Islamico in Siria. Fra le vittime anche l’italo-belga di 48 anni Patrizia Rizzo, di origine siciliane, che lavorava per le istituzioni europee di Bruxelles e che morí nell’attentato alla stazione metro di Maelbeek.
Per quegli attentati – i più gravi mai avvenuti in Belgio – la Corte d’Assise belga presieduta da Laurence Massart ha condannato, ritenendoli colpevoli di omicidio a fini terroristici, sei degli otto imputati: Salah Abdelslam, francese naturalizzato belga che partecipò anche agli attacchi di Parigi del 13 novembre 2015, e Mohammed Abrini, che confessò di essere “l’uomo con il cappello” immortalato dalle telecamere di sorveglianza dell’aeroporto poco prima che esplodessero le valigie piene di esplosivo. E, poi, Oussama Atar – che si presume sia morto – , Osama Krayem, Ali el Haddad Asufi e Bilal el Makhoukhi. Sofien Ayari, Hervé Bayingana Muhirwa e Smail Farisi che sono stati assolti dalla medesima accusa.
Il computo dei morti è, in realtà, salito a 36 perché gli attentati hanno provocato una catena di suicidi ed eutanasie a causa dei traumi psicologici riportati negli attentati. Fra loro la diciassettenne Shanti De Corte che, pur rimasta miracolosamente illesa, fu traumatizzata a tal punto da richiedere ed ottenere dal governo belga l’autorizzazione all’eutanasia.
Le vittime furono spazzate via dalle violente esplosioni delle valigie riempite di Tatp, un potente esplosivo artigianale che veniva usato dai jihadisti in Siria. Ne trovarono centinaia di litri gli investigatori in un appartamento dopo che un tassista era riuscito a ricordarsi di aver preso a bordo i terroristi portandoli, inconsapevolmente, sul luogo degli attentati.
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