Ho più di 70 anni e sono sempre andato per mare: ricordo come stavano le cose tanto tempo fa. In più, a 20 anni, ho iniziato a studiare Biologia marina e a consultare la letteratura scientifica che testimonia come fosse il mare nel recente passato e anche prima della rivoluzione industriale. La Paleontologia, inoltre, ci dice come era il mare milioni di anni fa.
L’oceano di oggi non è più come quello di 50 anni fa. Frase da vecchietti… lo so. Però ai tropici le formazioni coralline sono in crisi per il troppo caldo: in migliaia di anni i coralli le hanno costruite con i loro scheletri; stanno bene al caldo, ma se fa troppo caldo muoiono e, ora, fa troppo caldo. Tra gli anni 80 e 90 ho lavorato ai tropici e i coralli stavano benissimo, ora no. Per fuggire dal caldo le specie tropicali migrano a nord, o a sud, verso mari temperati, come il nostro Mediterraneo, dove un tempo le specie tropicali non potevano vivere. Ancor prima delle specie tropicali, comunque, altre specie hanno “cambiato casa”.
La parte sud del Mediterraneo, infatti, ospitava specie ad affinità calda che non tolleravano le temperature del settentrione. A Genova e a Trieste non si trovavano le specie della Sicilia, o della Tunisia. Le specie meridionali, oggi, sono anche al settentrione che, quindi, si è meridionalizzato, mentre le specie “settentionali” si sono spinte più in profondità per sfuggire alle alte temperature e le loro popolazioni hanno subito morie massive durante le ondate di calore: le specie che stanno bene al caldo sostituiscono quelle che prosperano in climi temperati.
L’apertura del canale di Suez e il suo raddoppio, inoltre, hanno offerto una via d’accesso alle specie tropicali del Mar Rosso. In un primo tempo ne sono entrate poche, ma oramai il numero di immigrati tropicali ha superato il migliaio di specie: ai tropici fa troppo caldo, ma in Mediterraneo stanno proprio bene, mentre le specie tipiche del Mediterraneo non stanno affatto bene. Chi dice che queste cose sono sempre avvenute ha ragione, solo che non sono mai avvenute così rapidamente. La sostituzione floro faunistica del Mediterraneo, con specie meridionali e tropicali che subentrano a specie ad affinità fredda è la prova migliore del cambiamento: se non ci fosse una risposta biologica, il cambiamento climatico non avrebbe grande impatto, ma la risposta biologica c’è, eccome, ed è molto rapida.
Va bene così, fa parte del gioco della vita. Noi siamo una delle tante specie che si sono evolute sul pianeta e quello che facciamo è un prodotto della natura, visto che ne facciamo parte, come l’epidemia di Covid è un prodotto naturale dell’attività del batterio. Ci avvantaggiamo a spese del resto della natura, come tutte le altre specie, incluso il batterio del Covid. Non c’è morale, non ci sono buoni e cattivi nella natura. Le cose avvengono perché qualche specie è in grado di farle avvenire. Tempeste e malattie hanno spazzato via intere foreste, proprio come abbiamo fatto noi. La natura ferita a morte vince e risorge.
Di solito a soccombere sono le specie che più l’hanno ferita, perché hanno cambiato condizioni iniziali che per loro erano favorevoli e, con il loro stesso successo, le hanno portate in uno stato a loro non favorevole. Le specie di maggior successo sono destinate a futuri insuccessi, lasciando spazio ad altre specie, che prenderanno il loro posto. Possiamo trovare un parallelo con la nostra storia. Gli imperi sorgono, si espandono, e poi crollano per essere sostituiti da altri imperi, o regni, o repubbliche, o regimi tribali. Nulla è eterno e tutto cambia. Anche le nostre vite.
Tra cento anni, magari anche qualcuno di più, tutti gli umani presenti oggi sul pianeta saranno morti, sostituiti con la riproduzione da altri umani, le generazioni future, proprio come avviene per tutte le altre specie. Che diranno di noi? In che condizioni avremo lasciato loro il pianeta? I fenomeni estremi aumentano e lunghi periodi di siccità sono seguiti da alluvioni disastrose, il livello del mare sale, e le regioni tropicali, un tempo rigogliose, diventano sempre più sterili. I ghiacciai non ci sono più e l’acqua di pioggia dilava via velocemente, senza essere prima trattenuta dal ghiaccio e poi distribuita quando il ghiaccio si scioglie. Chissà quali specie approfitteranno di queste nuove situazioni. Se oggi non ce ne sono, ne evolveranno di nuove, che si adatteranno alla nuove condizioni. Noi non evolviamo rapidamente, in termini biologici, ma l’evoluzione tecnologica è rapidissima.
Forse troveremo modi per diminuire il nostro impatto, per rallentare un cambiamento che ci fa male. E forse no. Sarà un bene? O sarà un male? Poco importa, avverrà e basta. A differenza delle altre specie, però, possiamo capire scientificamente come stanno le cose e possiamo cercare di cambiarle con la tecnologia. Potremo decidere di ridurre il cambiamento, diminuendo l’impatto sul resto della natura. Oppure no, cercheremo di continuare come sempre, cercando di piegarla alle nostre necessità. Chi pensate che vincerà nel lungo termine, tra noi e il resto della natura? Per quel poco che ho imparato, se dovessi puntare, punterei sulla natura. Ma sono in tanti a pensare che saremo noi a vincere. Me lo auguro, ma non credo proprio che sarà così.
Fa caldo? Basta accendere l’aria condizionata, no? C’è molta gente che ragiona così: ci penserà la selezione naturale, se non riusciremo ad evolvere razionalmente. Nessun problema. Le prossime elezioni europee ci diranno che direzione vorremo prendere: le premesse sono che vinceranno i negazionisti. Siamo a posto.
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