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Europa-Tunisia: quel memorandum è da stracciare

Il memorandum d’intesa siglato tra Ue e Tunisia è basato, come gli accordi stretti nel passato con “Turchia” e “Libia”, sul tentativo di “esternalizzare le frontiere” dell’Ue per frenare i migranti irregolari, un approccio con il quale “non posso essere d’accordo”. Parole chiare e nette quelle della segretaria del Pd Elly Schlein, ieri a Bruxelles a margine del prevertice dei Socialisti europei e latinoamericani, nella seconda giornata del summit Ue-Celac.

Una bocciatura senza appello, quella della leader Dem. 

Un Rapporto illuminante. Una denuncia documentata

Percosse, uso eccessivo della forza, tortura, detenzioni arbitrarie, espulsioni collettive, azioni pericolose in mare, sgomberi forzati, furto di denaro e beni personali: l’elenco degli abusi commessi dalla polizia e dalla guardia costiera tunisina nei confronti dei migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana è lungo ed è noto.

La firma del memorandum

Eppure, il 16 luglio l’Unione Europea ha annunciato la firma di un Memorandum d’Intesa con il Paese nordafricano, che include un pacchetto di finanziamenti fino a un miliardo di euro, di cui 105 milioni sono destinati alla “gestione delle frontiere, la ricerca e il salvataggio in mare, la lotta al traffico di esseri umani e ai rimpatri”. Per Mark Rutte, Primo Ministro olandese, si tratta di “rafforzare l’impegno a combattere la migrazione irregolare”. Ma il protocollo d’intesa – denuncia Human Rights Watch – che deve essere approvato formalmente dagli Stati membri dell’UE, non ha previsto nessuna forma di garanzia né di controllo che le autorità tunisine impediscano violazioni dei diritti delle persone. L’UE ha già dato alla Tunisia tra i 93 e i 178 milioni di euro per combattere la migrazione irregolare tra il 2015 e il 2022.

Il lavoro di Human Rights Watch

 Da marzo l’organizzazione ha intervistato diverse persone che vivevano in Tunisia, tutte provenienti da Senegal, Mali, Costa d’Avorio, Guinea, Sierra Leone, Camerun e Sudan. Tutte hanno raccontato di avere subito abusi soprattutto dopo che il presidente Kaïs Saïed, nel febbraio di quest’anno, ha ordinato alle forze di sicurezza di reprimere la migrazione irregolare, collegando i migranti africani privi di documenti alla criminalità. Per Saïed la migrazione irregolare fa parte di un progetto finalizzato a cambiare la composizione demografica della Tunisia. Il discorso del Presidente, che gli esperti delle Nazioni Unite hanno definito razzista, è stato seguito da un’ondata di incitamento all’odio, discriminazioni e attacchi.

Il ruolo dell’Unione Europea

 Nei mesi successivi al discorso di Saïed, e nel contesto di deterioramento della situazione economica tunisina, oltre una dozzina di funzionari europei sono andati sulla sponda sud del Mediterraneo per discutere di questioni economiche, di sicurezza e migratorie con i funzionari tunisini. Il ministro degli interni tedesco ha sottolineato l’importanza di proteggere i diritti dei rifugiati e di creare rotte migratorie legali, ma pochi altri hanno menzionato pubblicamente le preoccupazioni sui diritti umani. Il ministro dell’Interno francese ha confermato che Parigi offrirà alla Tunisia 25,8 milioni di euro per contenere il flusso irregolare di migranti. Tunisi ha già ricevuto diversi milioni di finanziamenti, sia europei che frutto di accordi bilaterali, soprattutto con l’Italia, che sono serviti ad addestrare la guardia costiera, le forze di sicurezza interna e quelle di gestione delle frontiere terrestri. L’esternalizzazione dei confini. Ovvero la pratica di prevenire gli arrivi irregolari affidando i controlli sulla migrazione a paesi terzi – è diventata un elemento centrale nella risposta dell’UE alla migrazione e ha provocato fino a oggi gravi violazioni dei diritti umani. Nella prima metà del 2023 la Tunisia ha superato la Libia come numero di partenze per l’Italia. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), delle 69.599 persone arrivate in Italia tra gennaio e luglio attraverso il Mar Mediterraneo, 37.720 sono partite dalla Tunisia, 28.558 dalla Libia e il resto dalla Turchia e dall’Algeria. I Paesi di provenienza più comuni per chi è arrivato in Italia sono stati: Costa d’Avorio, Egitto, Guinea, Pakistan, Bangladesh, Tunisia, Siria, Burkina Faso, Camerun e Mali.

Rifugiati e migranti in Tunisia

 Secondo una stima fatta dalle autorità locali, nel 2021 in Tunisia vivevano 21 mila stranieri provenienti da paesi africani non maghrebini, su una popolazione di 12 milioni di persone. La Tunisia ha firmato le Convenzioni Onu sui rifugiati e la sua Costituzione prevede il diritto all’asilo politico. Tuttavia il Paese non ha una legge sul diritto d’asilo ed è l’Unhcr che si occupa di attribuire lo status di rifugiato. Sebbene gli standard internazionali sui diritti umani scoraggino la criminalizzazione della migrazione irregolare, le leggi tunisine risalenti al 1968 e al 2004 condannano l’ingresso, il soggiorno e l’uscita irregolari degli stranieri.

Le sanzioni includono carcere e multe. Secondo il Forum Tunisino per i diritti economici e social (Fdtes), tra gennaio e maggio 2023 le autorità hanno arrestato oltre 3.500 migranti per “soggiorno irregolare” e intercettato oltre 23 mila persone che tentavano di partire irregolarmente dalle coste verso l’Europa. Il portavoce di Ftdes, Romdhane Ben Amor, ha detto a Human Rights Watch che la maggior parte degli arresti di migranti è avvenuta vicino al confine con l’Algeria, ma anche a Tunisi, a Sfax e in altre città, soprattutto dopo il discorso del presidente.

La parola a Amnesty

Un accordo «mal ponderato, firmato nonostante le evidenti prove di gravi violazioni dei diritti umani da parte delle autorità tunisine». La direttrice dell’ufficio di Amnesty International presso le istituzioni europee Eve Geddie definisce così il memorandum d’intesa tra Unione Europea e Turchia siglato il 16 luglio a Tunisi, in base al quale, fra le altre cose, l’Ue ha accettato di fornire alla Tunisia sostegno finanziario e tecnico per scoraggiare la migrazione verso l’Europa. Un protocollo che, di fatto, ha l’obiettivo di impedire alle persone di raggiungere l’Europa, di incrementare il rimpatrio dei tunisini in caso di mancanza di permesso di soggiorno europeo e di facilitare i rimpatri di persone di altre nazionalità dalla Tunisia verso Paesi terzi.

Per Geddie, questo memorandum «comporterà una pericolosa proliferazione di politiche migratorie già fallimentari e segnalerà l’accettazione da parte dell’Unione europea di un comportamento sempre più repressivo da parte del presidente e del governo di Tunisi. In un contesto di crescenti violenze e maltrattamenti da parte delle autorità tunisine nei confronti dei migranti subsahariani – aggiunge -, tale decisione dimostra che non è stata appresa nessuna lezione dai precedenti, simili accordi. Ciò rende l’Unione europea complice delle sofferenze che inevitabilmente ne deriveranno».

La referente di Amnesty International ricorda anche che «nello stesso periodo in cui la Tunisia e l’Unione europea si apprestavano a firmare questo accordo, le autorità tunisine hanno lasciato centinaia di persone, bambini compresi, intrappolate alle frontiere desertiche del Paese, inizialmente prive di acqua, cibo o riparo». E conclude: «Concentrandosi sulle politiche e sui finanziamenti per il contenimento e l’esternalizzazione del controllo delle frontiere, anziché garantire percorsi sicuri e legali per coloro che cercano di attraversare i confini in modo sicuro, i leader dell’Unione europea si stanno ancora una volta avviando verso politiche fallimentari basate su una spietata indifferenza verso i diritti umani fondamentali».

Nessun passo in avanti. Boldrini spiega il perché

E lo fa in una interessante intervista a firma di Annalisa Cangemi su Fanpage: “Il memorandum d’intesa firmato da Ue e Tunisia domenica scorsa, che prevede anche un accordo sui migranti, è stato spacciato dal governo Meloni come un’operazione di successo e un significativo passo avanti nella gestione del fenomeno migratorio. Anzi la presidente del Consiglio Meloni ha parlato addirittura di un “modello per le relazioni tra l’Ue e i Paesi del Nord Africa”, e di “un importante passo per creare una vera partnership tra l’Ue e la Tunisia”, in vista della conferenza internazionale sulla migrazione, che si terrà a Roma il prossimo 23 luglio, e che vedrà tra i suoi partecipanti anche il presidente tunisino Saied. Il ministro dell’Interno Piantedosi ha annunciato trionfante la firma del patto, considerandolo una promessa elettorale mantenuta: secondo il titolare del Viminale infatti il memorandum non è altro che un modo per attuare quel ‘blocco navale’ che tante volte è stato sventolato da Giorgia Meloni. Nulla di più lontano dalla realtà, come ha spiegato in un’intervista a Fanpage.it la deputata del Pd e presidente del Comitato Permanente della Camera sui diritti umani nel mondo, Laura Boldrini: “Saied non ha ceduto su nulla”.

Presidente, Meloni ha detto che il memorandum trasformerà la Tunisia in un Paese terzo in cui rispedire non solo i tunisini, ma tutti i migranti che salpano dalle sue coste. Perché lei lo considera un buco nell’acqua?

È un buco nell’acqua perché l’obiettivo dichiarato da Giorgia Meloni era quello di impedire le partenze, e rinviare indietro in Tunisia coloro che partono da quel Paese. Ma se guardiamo ai numeri, dei circa 75mila migranti sbarcati in Italia nel 2023, oltre 43mila provengono dalla Tunisia, ma non sono in maggioranza tunisini, bensì migranti di altre nazionalità partiti da quel Paese. Quindi quello che ha ottenuto Giorgia Meloni sul piano dell’immigrazione è essenzialmente che Saied si riprenderà gli immigrati tunisini. Come ha sempre fatto del resto, visto che esiste da molti anni un accordo bilaterale di riammissione. Significa che già da tempo la Tunisia, sulla base di questi accordi, si riprende i suoi connazionali che entrano irregolarmente in Italia.

Non sorprende, visto che Saied aveva già alzato un muro, dicendo che la questione migratoria non si può risolvere a spese della Tunisia.

No infatti, Saied lo aveva detto esplicitamente: “La Tunisia non accetterà mai di essere il guardiano dei confini di nessun Paese, né accetterà il trasferimento di migranti nel proprio territorio”. Quindi da questo punto di vista mi sembra che Meloni non abbia minimamente raggiunto quello che voleva e che oggi sbandiera. Se lo scopo era quello di fare in modo che la Tunisia si riprendesse tutti i migranti irregolari arrivati in Italia, anche quelli non tunisini, la firma del memorandum è stata un flop. Così come non è riuscita a fare della Tunisia un hub dell’immigrazione, per esternalizzare il diritto d’asilo. Alla Guardia costiera tunisina sono stati anche forniti mezzi, 25 imbarcazioni per pattugliare le coste, oltre ai 105 milioni per bloccare le partenze. Ma a Lampedusa continuano ad arrivare ogni giorno centinaia e centinaia di persone che partono della Tunisia. Vedremo se in futuro ci sarà un impatto nel contenimento dei flussi.

Il governo però spaccia questo accordo per un “blocco navale”.

Questa è pura propaganda. Oltre al fatto che il ‘blocco navale’, e Piantedosi dovrebbe saperlo, nel diritto internazionale è un atto di guerra. E infatti Meloni, dopo averla usata in campagna elettorale, una volta arrivata a Palazzo Chigi ha smesso di usare quest’espressione, che ha una connotazione giuridica ben definita a livello internazionale. Nel memorandum con la Tunisia, è bene sottolinearlo, non c’è nessun riferimento al blocco navale. In ogni caso il concetto di bloccare le partenze non funziona, non è questa la strategia giusta. Finché le persone avranno bisogno di mettersi al sicuro da guerre, persecuzioni e violazioni dei diritti umani, troveranno sempre una via di fuga.

Nel memorandum invece si fa esplicito riferimento alla lotta ai trafficanti e a una maggiore cooperazione nelle operazioni Search and Rescue. Non sono stati fatti passi avanti?

Sicuramente vanno rafforzate le operazioni di ricerca e soccorso in mare. Però in questo memorandum sono stati fatti anche dei passi indietro, perché in quest’idea di bloccare a tutti i costi le partenze, un’idea assolutamente non realistica, Giorgia Meloni ha anche coinvolto la Commissione europea, con la presidente Ursula von der Leyen. E qui si apre anche un’altra questione.

Cioè?

Il Trattato sull’Unione europea, all’articolo 21, indica chiaramente i principi che l’Unione si impegna a diffondere e tutelare nel mondo. Tra quei principi ci sono la democrazia, lo stato di diritto, i diritti umani, le libertà fondamentali, l’uguaglianza e la solidarietà. Bisogna ricordare poi che dal 1995 quando l’Unione europea fa accordi con i Paesi terzi mette sempre una clausola sui diritti umani, una clausola di condizionalità presente in accordi con più di 120 Stati, che però non si trova nel memorandum con la Tunisia.

Questo cosa significa?

Nel memorandum con la Tunisia non è stata posta questa clausola, ed è un fatto rilevante e negativo, visto che stiamo parlando di un Paese ormai nelle mani di un autocrate, Kais Saied, che di fatto ha avocato a sé tutti i poteri, imprimendo una forte virata autoritaria. Ha destituito il governo, esautorato il Parlamento e il Consiglio della magistratura, ha fatto arrestare i suoi oppositori politici, i sindacalisti e i difensori dei diritti umani, decapitando di fatto l’opposizione, e ha dato il via a una caccia al migrante subsahariano, dicendo che è in corso un tentativo di sostituzione etnica ai danni della Tunisia, che vuole minare la sua identità araba e musulmana. Visto che ci troviamo di fronte a un personaggio che ha fatto tutto questo, io trovo scandaloso che nell’accordo non ci sia nessun riferimento alla tutela dei diritti umani dei migranti, che oggi vengono anche arrestati arbitrariamente mentre camminano, catturati e lasciati in mezzo al deserto. E trovo scandaloso che nel memorandum non ci sia neanche un richiamo al ripristino dello stato di diritto e delle libertà democratiche.

Meloni la considera invece un’intesa modello, la base a cui guardare per i prossimi accordi con altri Paesi…

È preoccupante tutto questo, perché Meloni è talmente ossessionata dal tentativo di bloccare le partenze dei migranti che passa sopra a qualsiasi altra considerazione, inclusi i principi dello stato di diritto. La società civile tunisina e l’opposizione democratica speravano di essere tutelate dall’Unione europea e dall’Italia. Invece si sono sentite totalmente tradite. Invece di chiedere il ripristino dell’assetto democratico, il rilascio immediato dei prigionieri politici e lo stop alla campagna d’odio razzista, si è fatto un accordo che bypassa tutto questo, tradendo i principi su cui si fonda l’Unione europea. In commissione Affari Esteri alla Camera abbiamo ascoltato in audizione molti esperti tunisini, rappresentanti dell’opposizione in esilio, professori universitari: tutti hanno detto che in Tunisia c’è una grandissima crisi democratica ed economica, e che Saied è il problema non la soluzione. Quindi fino a quando ci sarà lui la situazione non si risolverà. Vedere che invece il governo italiano firma un accordo che legittima un autocrate, dimostra che non è stato ascoltato il grido d’aiuto dei tunisini. Il governo italiano ha scelto il dittatore.

Così l’intervista. Per l’amicizia e la stima che ci lega da anni, mi permetto di aggiungere: brava Laura, questo è parlar chiaro. 

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