Il tratto gastrointestinale umano è lungo circa otto metri. Con il suo contenuto di metaboliti, microbi, elettroliti ed enzimi costituisce una fonte inestimabile di informazioni sulla nostra salute ed è il potenziale obiettivo di svariate procedure diagnostiche e interventi terapeutici. Quello che stiamo per vedere è la diffusione sempre più capillare di capsule elettroniche delle dimensioni del centimetro che, guidate dall’esterno, monitorano il nostro apparato digerente e ottengono dati di vario tipo. La novità più rilevante è che entro qualche anno le tradizionali endoscopie, molto fastidiose per i pazienti, potranno essere effettuate con una capsula elettronica ingeribile capace di filmare tutto il tratto dell’apparato digerente sotto la guida di un medico. Ma sono in arrivo anche capsule capaci di controllare la temperatura interna del corpo, il pH dell’acidità e il reflusso gastroesofageo, la peristalsi intestinale, l’aderenza alle terapie da parte di un paziente; altri oggettini simili potranno raccogliere campioni di batteri per l’analisi della flora intestinale, oppure saranno in grado di produrre immagini a raggi X e ultrasuoni, e fare da guida agli interventi chirurgici.
L’alternativa all’endoscopia si chiama NaviCam, e le sue potenzialità sono state appena descritte dal Journal of the American Society for Gastrointestinal Endoscopy. Finora le capsule endoscopiche già esistenti avevano il limite che non potevano essere controllate dai medici. Si muovevano alla mercé dei movimenti naturali del corpo e dell’intestino oltre che della gravità. L’elemento innovativo in questo caso è che, grazie a un magnete esterno, NaviCam viene guidata da remoto come un videogioco, così da raggiungere e filmare le aree indiziate del tratto digerente. «Questa tecnologia non ha nulla di meno dell’endoscopia tradizionale con il tubo» afferma Andrew Meltzer, medico della George Washington University che ha collaborato alla realizzazione del dispositivo. «In più ha il pregio di non essere invasiva, così diminuisce il fastidio del paziente, e di non richiede anestesie, accorciando i tempi dell’indagine. Dai prossimi studi ci aspettiamo la conferma che è capace di vedere in maniera facile e veloce ulcere, irritazioni gastrointestinali, tumori allo stomaco. Diverrà, si spera, lo strumento di elezione per fare diagnosi su malati che hanno sintomi quali dolori allo stomaco di vario tipo, nausea e sanguinamenti».
L’analisi appena pubblicata è basata su una sperimentazione effettuata negli Stati Uniti, finora unica al mondo. Nell’articolo i ricercatori ipotizzano il prossimo impiego della capsula con l’uso dell’intelligenza artificiale per guidarla nele aree critiche, farla ricomparire nella cavità orale al termine dell’indagine e trasmettere i risultati al gastroenterologo. «Significa che si potranno fare diagnosi sul posto, perfino in ogni pronto soccorso, senza dover addestrare il personale al suo uso e senza bisogno di un secondo appuntamento per l’endoscopia. Resta il fatto, da tenere presente, che non può effettuare biopsie. Per quello ci vogliono esami specifici» conclude Meltzer.
Introdotte verso il 2004, le vecchie capsule erano monouso, ingeribili, dotate di due telecamere ma non guidabili da remoto; dopo avere seguito la naturale peristalsi dell’intestino finivano finivano nelle feci. Ce n’erano in uso anche in Italia ma non raggiungevano il grado di sofisticazione di NaviCam e per questo erano poco usate. Con i loro limiti, avevano avuto poco successo: solo 7.500 casi di uso all’anno in Italia e 25 mila in Francia. Ma ora il vento sta cambiando: negli Stati Uniti il mercato in questo settore avrà un valore di quasi 9 miliardi di dollari entro il 2024, secondo Advanced Devices & Instrumentation, una rivista partner di Science. Un valore così alto si spiega anche con la loro versatilità. Per esempio, una capsula a forma di pillola di circa un centimetro, chiamata CorTemp, monitora la temperatura basale, cioè quella interna del corpo a riposo, per vari scopi: prevenire ipotermia, iperaffaticamento o colpi di calore.
C’è poi la Atmo Gas in grado di fare un profilo della flora intestinale e i relativi gas presenti nel tratto digerente, dall’ossigeno all’idrogeno fino all’anidride carbonica, così da stabilire la dieta corretta da seguire. La Vibrant viene invece usata per la stitichezza cronica. Invece di sottoporsi a supplementi di fibra, lassativi e altri rimedi, il paziente potrà affidarsi a questo «robottino» che, come suggerisce il nome, genera onde vibrazionali capaci di «sbloccare la situazione» (e persino modificare il ritmo circadiano). Ci sono poi modelli che hanno l’obiettivo di controllare l’aderenza a una terapia. Per varie circostanze un paziente può non rispettare le prescrizioni del medico, per esempio se è molto anziano, ha problemi di salute mentale e deve prendere un antipsicotico, o si addormenta facilmente, si dimentica o, ancora, subisce forti emozioni. La capsula AdhereIT, anch’essa in sperimentazione, rimane nel tratto digerente a registrare tutte le informazioni del farmaco assunto, data, tempo, tipo di medicina, quantità, e associandovi la fisiologia della persona: numero di passi effettuati durante il giorno, qualità del sonno e ritmo circadiano, disponibili al medico attraverso un’app.
Molti altri modelli, infine, hanno come obiettivo contrastare il reflusso gastroesofageo, dove acido cloridrico e bile possono venire a contatto con la mucosa dell’esofago danneggiandola. In questi casi le capsule sono di aiuto perché registrano i livelli di pH dell’esofago nel tempo e indicano il preciso momento del reflusso. Ancora allo studio sono poi quelle che individuano proteine, ormoni e metaboliti conseguenza di infiammazioni o di una variazione della flora intestinale. La possibilità che possano generare stimolazione elettriche dell’intestino le rende potenzialmente in grado di ottimizzare le cure di malattie come lesioni gastrointestinali, gastroparesi e obesità. L’approvazione di queste capsule da parte delle agenzie del farmaco dei vari Paesi, non ultima la Food and Drug Administration americana, dipenderà dal giudizio sulla loro biocompatibilità, sicurezza elettrica e meccanica, affidabilità di funzionamento, interpretazione corretta delle immagini e le radiazioni. Ma è facile prevedere che le capsule ingeribili entreranno a far parte dei processi diagnostici dei nostri ospedali nei prossimi anni con effetti positivi sulla salute, sui tempi e sul carico di lavoro del Sistema sanitario nazionale.