«L’italiano è un francese che sorride…». Sono tanti i modi in cui si può fare, anzi, essere imprenditore soprattutto in un paese che non è il proprio ma del quale si scorgono le potenzialità nascoste. Nardò, costa Ionica del Salento, paese di 30.000 anime, finito sotti i riflettori per via di un tal Guy Martin che ha recuperato, nel senso letterale del termine, due edifici del ‘700, Palazzo Maritati e Palazzo Muci e ne ha fatto due Guest House dove si celebra il vivere a passo lento e si recupera il senso del tempo.
Parigino purosangue, un pezzo di storia della cucina francese (da tre Stelle Michelin quando i cuochi, pardon gli chef, non erano ancora di moda come oggi) Guy Martin è anche volto televisivo, autore di così tanti libri da aver perso il conto, amante del bello, del design, dell’arte più autentica. Arriva dal basso; si è fatto da sé ed è quella sensibilità che sviluppi solo quando non dai nulla per scontato a permettergli di avere a che fare con la gente prima ancora che con eventuali profitti o affari: “In tanti hanno lasciato le grandi città dopo il Covid. Resta un insegnamento molto importante di quei mesi: non c’è solo il lavoro. Ecco, probabilmente, a questa conclusione ci sono arrivato un attimo prima. Un giorno immagino di poter fermare la frenesia della mia vita in un posto come Nardò… per ora, ho scelto di condividerlo”.
Nel 2015, in vacanza con la famiglia, resta folgorato dal Salento, dalla bellezza di una terra votata al Barocco, con quei ricami sulla roccia e “…quell’accanirsi di forme che gli pare una rivolta contro il cielo”*. È lì che decide, insieme alla moglie interior design, Katherina Marx, di investire tempo, energie e denaro in una terra così lontana dalla sua Parigi, con una certezza: non farà mail il cuoco in Puglia: “Non ho niente che io possa insegnare a questa gente che non sappia già fare. La varietà e qualità di ortaggi, verdure, frutta, formaggi, il pesce, i capperi, l’olio buono. È tutto perfetto così!”.
Sceglie di vestire i panni dell’imprenditore, di farlo in modo illuminato, come solo chi è nato sotto una buona stella è in grado di fare. Così si integra appieno nel tessuto cittadino, da rispettare e valorizzare; un francese a promuovere l’Italia (già questa una notizia).
All’inizio solo i lavori di recupero e restauro smorzano il suo entusiasmo: non è facile fidarsi e affidarsi. Ma non ha alternative. Sono i locali, la gente del posto a fare la sua fortuna. Vengono chiamati infatti i figli delle maestranze che a quei palazzi lavorarono anni addietro. Il risultato di tre anni di impegno totale è un’opera artigiana. Viene rispettato tutto, gli affreschi, le volte a stella, le cromie. Un museo privato, in cui tra un Gio Ponti, un Ettore Sottsass e un Man Ray fanno capolino le ceramiche della tradizione, mentre nella memoria Guy Martin scolpisce quei muretti a secco che tanto definiscono le stradine di Nardò. È qui che il francese sposta la sua collezione d’arte privata, nei paesini di un Salento, tanto selvaggio quanto raffinato e silenzioso, al pari della sua amata Parigi: “La burocrazia italiana? Supera quella francese è vero ma ho visto un rispetto per l’opera pubblica, un desiderio di conservare quanto di bello è stato fatto che è ammirevole. Se certe lungaggini servono a tutelare la storia di un paese, allora ben vengano”.
L’imprenditore Guy Martin si integra con il tessuto cittadino in modo disarmante. Ne esalta tipicità, quel caffè salentino con latte di mandorla che ha sapore solo se bevuto là, con l’aria buona, che ti porta a sorseggiare in riva al mare a La Santa Beata Felicità, siamo alla Marina di Nardò, un piccolo fazzoletto di spiaggia sabbiosa, e una scogliera con le sue piccole discese verso il mare: “Cosa ha questo posto da invidiare a Saint-Tropez? Nulla. Uno dei motivi per cui sono qui è perché la gente sorride, a prescindere dal fatto che ti conosca o meno. La gente ti sorride! Qui c’è il buon vivere, quello che immaginavo un giorno di potermi concedere. Ho girato tutto il mondo, ho conosciuto tanti paesi, tanta gente ma non ho mai incontrato quello che ho trovato a Nardò”.
Stringe alleanze con i bar del posto, che studiano il suo drink, “Chef, le porto il solito?”, con i ristoratori, “Vi consiglio di andare a mangiare da Corte S. Lucia, a Nardò. Era gestito da marito e moglie. Da quando lui è mancato è rimasta solo lei. Trovo giusto dargli una mano. Una vecchia osteria capace di reinventare la tradizione di una cucina schietta come quella Salentina”.
Ha scelto di condividere la cultura, l’amore per l’arte, la collezione di oggetti e maschere africane primitive, figure dal valore rigorosamente positivo, utili a dare la giusta luce ai palazzi: “Con mia moglie siamo collezionisti di arte, abbiamo raccolto negli anni moltissimi pezzi, rimasti per quasi 15 anni all’interno di un magazzino in Francia. Molti di quei pezzi, compresi dei pregiati tappeti iraniani, finalmente hanno trovato il loro giusto spazio. La loro nuova casa”.
Nel mentre ha comprato dei terreni a Galatone, sempre in provincia di Lecce, dove ha iniziato a produrre vino biologico, Negramaro. La prima annata buona è quella del 2021. Ora Guy Martin si è fatto anche producteur-récoltant, così recita l’etichetta, che porta la sua firma e si chiama Primissimo.
Mi aspetto che alla prossima visita abbia imparato a “raccogliere i fichi d’india senza pungersi e ad arrampicarsi sugli alberi di fico per scegliere i frutti più maturi” e che dopo i saluti di rito mi dica: “Ecco un altro posto da chiamare casa”*.
* Le Giravolte di Lorenzo Antonazzo (Musicaos Editore)