«È dall’estate del 2019 che ero bersaglio di ricatti e pestaggi da parte di D’Altoè e con lui poi Gianduzzo e Bisiol, perché voleva soltanto soldi. Gliene avrò dati due milioni e mezzo, prendendoli anche dal centro commerciale Tom di Santa Maria di Sala. Poi, non ce l’ho più fatta e sono andato a denunciarli».
Ha parlato per quasi due ore, ieri, in aula, Renato Celotto, davanti ai giudici del collegio, alla prima udienza del processo che vede alla sbarra Fabio Gianduzzo, 57 anni di Eraclea, il “mammasantissima” accusato assieme a Edi Biasiol, 53 anni di Gorizia e il roncadese Rudi D’Altoè, 46 anni, di aver messo a segno, a cavallo degli anni 2020 e 2021, un’estorsione aggravata e continuata nei confronti appunto di Celotto e Michele Gallà, rispettivamente responsabile commerciale e amministratore unico della “BTime Italia srl” e delle partecipate “Clt Fashion Group” e “BtRent srl” con lo scopo di svuotarle e ottenere quanti più profitti possibili per poi farle fallire, senza essersi formalmente intestati nulla.
Un piano iniziato il 21 maggio del 2020 quando Rudi D’Altoè, titolare della Emmerre, incaricato di ristrutturare il centro commerciale Tom di Santa Maria di Sala, si sarebbe presentato in compagnia di Gianduzzo e Biasiol per recuperare un ipotetico credito nei confronti della BTime, che da consulente avrebbe dovuto rilanciare il centro.
All’incontro Celotto, fu preso a pugni: «Da adesso voi lavorate per noi», gli avrebbe intimato Gianduzzo. Da quel momento tutto è cambiato: Gianduzzo e Biasiol si sarebbero presentati negli uffici di via Le Canevare in zona aeroporto Canova, prendendo possesso di fatto dell’azienda e delle due partecipate.
Due gli imputati nel processo: Gianduzzo (difeso dall’avvocato Giuseppe Muzzupappa) e D’Altoè. L’altro co-imputato Biasiol è uscito di scena dal procedimento nei mesi scorsi patteggiando una pena a un anno e sei mesi di reclusione.
Celotto, nel corso dell’udienza di ieri, s’è soffermato a parlare dei drammatici momenti vissuti il 21 maggio 2020, nel parcheggio davanti alla sede della B-Time. «Mi trovavo in ufficio», ha raccontato Celotto, «quando mi arrivò una telefonata da parte di D’Altoè che mi invitava a scendere. Voleva ancora soldi: 150 mila euro. Ad un certo punto, mi sentii toccare la spalla da dietro e mi arrivò una gragnuola di pugni. All’improvviso mi trovai a terra, sanguinante e con gli occhiali rotti. A quel punto iniziò il mio dramma personale. Gianduzzo e Biasiol occuparono gli uffici della B-Time. Volevano solo soldi e creare imbrogli».
Dopo due ore di deposizione il colpo di scena. È emerso infatti che Celotto è imputato di reato connesso per un’inchiesta della procura di Venezia riguardante il fallimento del centro Tom di Santa Maria di Sala. Da qui l’interruzione dell’udienza in quanto Celotto doveva essere sentito in presenza del suo legale. Il processo riprende la prossima settimana con l’audizione dei testimoni del Pubblico ministero Gabriella Cama.