L’ex procuratore Pietro Grasso, in un’intervista a La Repubblica, nell’anniversario dell’uccisione di Paolo Borsellino ha toccato alcuni tra i temi più caldi dell’attualità politica. L’ex presidente del Senato ha iniziato dalla recente lettera di Marina Berlusconi che lamentava la persecuzione dei giudici e della stampa contro il padre.
Ancora una volta, quando i pm toccano i politici «diventano scomodi. E’ accaduto sempre così. Sono gli unici che stanno cercando ancora la verità, che dovrebbe stare a cuore a tutti, politica compresa. Bloccare le indagini significherebbe offendere la memoria delle vittime e il dovere stesso di fare giustizia».
«Comprendo il suo dolore, ma nessuno può dire `basta indagini´ sulle stragi. Proprio su via D’Amelio ci sono voluti anni per ribaltare addirittura sentenze definitive, e ci sono ancora troppi misteri da risolvere».
Inoltre, l’attacco nella lettera alla stampa «lo giudico feroce e scomposto, tende a sopprimere le voci critiche». La delegittimazione continua «della magistratura e della stampa è un brutto segnale». Per Grasso «c’è un corto circuito generale sui temi della giustizia» nel governo. È «mai possibile – aggiunge Grasso – che si crei un reato per chi va ai rave e poi si voglia cancellare il concorso esterno in associazione mafiosa?».
L’ex presidente del Senato si chiede «quanto tempo passerà prima che a separarsi sia la carriera di Nordio da quella di ministro. Quante volte si può sopportare di essere sconfessati prima di gettare la spugna?» In questi mesi, «tutto quello che è stato fatto sulla giustizia si è risolto nel creare nuovi e risibili reati o inutili inasprimenti di pene a seguito di eclatanti casi di cronaca». Sembra «un garantismo a senso unico, verso i potenti e contro i deboli».
Comunque «io non vedo complotti: sia il caso Santanchè che il caso Delmastro sono stati gestiti con misura e riservatezza, – sottolinea – da magistrati attenti e da procuratori che, al pari di Nordio, non possono certo essere definiti toghe rosse».
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