Che Riccardo Illy beva tè invece che caffè al mattino appena sveglio è una curiosità non di poco conto. L’imprenditore si è raccontato al Corriere della Sera. Non è più alla guida della Illycaffè (ora si occupa dell’alto di gamma prodotto dalla holding di famiglia), è stato sindaco di Trieste e afferma: “(…) Aveva ragione Ludwig Feuerbach. Un’industria universale. L’uomo mangia da sempre e continuerà a farlo“. Lui consuma yogurt scaduti e commenta: “Sono ancora vivo”. Dalla fondazione dell’azienda per mano del nonno (“giusto 90 anni fa. Era nato nel 1892 a Timisoara, in Ungheria, oggi Romania. Ma aveva ascendenze francesi. Nelle Ardenne c’è Illy, un paesino”), alla concorrenza di Nestlè che Illy vede in modo molto concreto: “Beh, non c’è confronto fra Nestlè, che nel 2022 ha fatturato 94,6 miliardi di euro, e noi, arrivati a 500 milioni e rotti. Però il primo brevetto delle cialde di carta lo portò in Italia mio padre negli anni Settanta dagli Usa. Lo ebbe da Cyrus Melikian, un armeno”. Della sua discesa in politica che lo assimilerebbe in qualche modo a Berlusconi dice, secco: “Io agivo per spirito di servizio, lui perché si sentiva minacciato dai comunisti. Lo disse nel 1993, invitandomi a un incontro il cui scopo mi fu chiaro solo l’anno seguente”. E su Elly Schlein è ancora più tranchant: “Credo che sia una iattura per il Pd, per il centrosinistra e pure per Giorgia Meloni, che ancora non lo sa”. Il motivo? “Al leader della maggioranza serve un’opposizione forte, non debole e frammentata, altrimenti si rafforzano i rivali interni. Schlein farà perdere molti voti al Pd. Trovo surreale che l’abbiano eletta i passanti. Il segretario giusto era Stefano Bonaccini”.
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