«Mio figlio si è sacrificato per salvare le sue amiche in barca con lui». Il padre di Riccardo Nardin, 28enne morto mentre stava rientrando dal notte del Redentore, ora si sfoga. Olindo Nardin ieri mattina non aveva ha ancora potuto vedere la salma del figlio perché non era stato rilasciato il nullaosta per la sepoltura.
L’autorità giudiziaria si era presa altro tempo per ulteriori indagini. Tuttavia, il signor Olindo, con la moglie Ursula e gli altri due figli, avrebbe voluto potersi subito stringere attorno al feretro e organizzare l’ultimo saluto con il rito funebre. La famiglia Nardin ha dovuto attendere l’ok nel pomeriggio.
«Ci era stato detto che il nullaosta non sarebbe stato rilasciato subito», aveva spiegato ieri Olindo Nardin, che come il figlio ha studiato all’istituto nautico Venier. «E questo perché sarebbe subentrato un altro magistrato e pertanto ci vorrà ancora tempo per svolgere le pratiche per il successivo rilascio del documento».
Nel primo pomeriggio la notizia del rilascio del nullaosta e niente autopsia.
Il padre di Riccardo, in mattinata, si era soffermato a pensare a cosa possa essere accaduto quella tragica notte costata la vita al figlio ventottenne. «La barca non ha un graffio», conferma, «e non si è certamente rovesciata. Io credo che ci sia stata un’onda anomala e che mio figlio, che sapeva navigare e aveva esperienza, un ragazzo che si è sempre mostrato prudente in mare, abbia fatto di tutto per evitare l’impatto con la briccola, non illuminata nel buio, e che l’abbia colpita con il suo corpo finendo poi in mare. Ha voluto sacrificarsi per salvare le due amiche a bordo con lui, evitando l’impatto tra la barca e proprio la briccola. Ancora una volta non ha pensato a se stesso, ma agli altri come sempre ha fatto nella sua vita».
La speranza di questa famiglia distrutta è che non accada più una tragedia simile in una notte di festa che tutto il mondo conosce.
«Stiamo pensando a una raccolta firme, a un’iniziativa perché ci sia più sicurezza in mare, a maggior ragione in occasione di un evento come il Redentore. Penso alle briccole non illuminate, al caos di imbarcazioni enormi, sempre più grandi che si addensano in acqua. Una festa ormai solo per i ricchi. Chissà da quanto tempo non si vede una topetta veneziana al Redentore».
Tra l’altro, tanti i veneziani dicono di non volerci andare più in barca perché sanno che è diventato pericoloso. La notte del Redentore la laguna è trafficatissima.
A Cavallino parenti e amici attendono ora la data dei funerali per l’addio a Riccardo. La comunità è affranta per la sua morte. Colleghi e datori di lavoro alla società Il Doge di Venezia, una delle più conosciute con i suoi lancioni gran turismo in partenza da Punta Sabbioni, non si danno pace.
E anche il direttore della società Renzo Novelli si è unito al dolore dei familiari, ricordando la serietà nel lavoro da parte di Riccardo, il suo altruismo, il futuro che aveva ancora davanti a sé, capitano già esperto che si stava formando per nuovi e più prestigiosi incarichi nel settore della navigazione turistica. Tutto è finito quella notte del Redentore che purtroppo, per la famiglia Nardin e per la comunità di Cavallino Treporti sarà segnata da questa morte per molto tempo.