UDINE. Sanità a luci e ombre in Friuli Venezia Giulia: da un lato i Pronto soccorso in sofferenza, l’inappropriatezza di Tac e risonanze magnetiche, degenze più lunghe rispetto alla media nazionale e tempi della presa in carico dei pazienti oncologici superiori ai 30 giorni canonici, dall’altro i conti in ordine, la capacità di Governo della domanda e le strategie per il controllo del dolore quasi al massimo livello.
Anche l’assistenza domiciliare non si va malissimo, siamo in fascia gialla.
Gli altri valori si collocano su fasce intermedie non certo da buttare anche perché a valle dei dati resta la mancanza degli operatori sanitari che, come ha sottolineato il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, l’udinese Silvio Brusaferro, «nel 2030 nel mondo mancheranno 10 milioni di operatori sanitari. Non sarà – ha aggiunto Brusaferro – una variabile facilmente controllabile.
Su questo aspetto si è soffermata anche Francesca Ferrè, la coordinatrice servizio valutazioni del network delle regioni, elaborato nel laboratorio Management della scuola superiore Sant’Anna di Pisa, nell’elencare le criticità del sistema.
Le criticità
«Luci e ombre caratterizzano la qualità e l’appropriatezza delle cure, gli accessi in Pronto soccorso sia in termini di tempi di attesa per codici minori sia per quanto riguarda la qualità percepita dai pazienti, ma anche la percentuale di abbandoni in crescita rispetto al passato» ha spegato Ferrè, secondo la quale «in ambito regionale risulta molto critica la garanzia dei tempi di attesa sulle prestazioni oncologiche, in particolare degli interventi chirurgici: l’indicazione nazionale prevede la presa in carico entro 30 giorni dalla diagnostica, questa tempistica in Friuli Venezia Giulia non viene pienamente raggiunta».
Dopo la pandemia, «tornano a crescere i tassi di inapropriatezza rispetto ad alcune procedure e agli accessi in ambito territoriale» ha aggiunto la ricercatrice citando la «diagnostica pesante con Tac e risonanze magnetiche che richiedono investimenti alti professionisti come il radiologo e il tecnico di radiologia».
Il monitoraggio rivela un eccesso di esami di questo tipo prescritti ripetutamente nel tempo dagli specialisti soprattutto agli anziani. Valori non particolarmente performanti sono anche quelli delle degenze medie, ovvero dei «ricoveri ospedalieri in Chirurgia e Medicina che sono più lunghe, in termini di giorni, rispetto alla media dei ricoveri delle altre regioni del network».
Su questo dato, però, la ricercatrice ha ricordato che le degenze «potrebbero essere trasferite in setting di assistenza intermedia, invece permangono molto a lungo in ospedale sforando anche i 30 giorni.
Indirettamente denota una sofferenza nelle strutture intermedie, questo – ha aggiunto Ferrè – accomunano altre regioni». Complessivamente – sono sempre le parole di Ferrè – «c’è una quota abbastanza consistenza di indicatori che peggiora anche relativamente a performance che lo scorso anno erano in fascia verde e verdone (il massimo livello)».
Da qui il suggerimento che va oltre gli ambiti con un buon livello di partenza che, a loro volta, «iniziano a perdere colpi: l’intervento regionale va indirizzato verso gli ambiti di criticità che già partono da livelli negativi pessimi».
L’analisi
Analizzati gli ambiti, la ricercatrice non ha dubbi: «Siamo di fronte a un eccesso di prescrizioni di esami da parte degli specialisti che risultano non necessari, potrebbe essere la conseguenza di un approccio di medicina difensiva. Nell’incertezza o nel voler dare un quadro più completo della diagnosi si tende a sovraprescrivere esami inappropriati.
Questo è un ambito da attenzionare perché stiamo tornando ai livelli alti di inappropriatezza del pre pandemia. Pensavamo che il Covid qualcosa ci avesse insegnato, invece non c’è stata questa eredità positiva».
Il monitoraggio della Scuola superiore Sant’Anna non misura la fuga degli operatori: qui è interessante condurre un’indagine per quantificare la soddisfazione di lavorare nella specifica azienda. «Il nostro punto di vista – ha aggiunto Ferrè – non ci permette di dire se è giusto o sbagliato aumentare l’acquisto dei servizi offerti dalla sanità privata accreditata, sicuramente devono essere complementare non competitivi, coordinati, gestiti e governati anche attraverso i contratti».
Ultimo, ma non per importanza, la medicina di base: il numero degli assistiti per medico (1.390) in regione supera la media nazionale (1.289), lo stesso accade per i pediatri con 1.096 assistiti anziché mille. A tutto ciò la ricercatrice ha aggiunto gli indici di vecchiaia superiori alla media nazionale.