Prima del sindaco e della vice nel penitenziario eporediese. Colosso: «Dobbiamo fare qui un consiglio comunale»
Ivrea
Pensare al «carcere come a un quartiere di Ivrea». Dove vivono dei cittadini che, prima o dopo, dovranno essere reinseriti all’interno della società. È questa la visione dell’assessora Gabriella Colosso, che ha la delega al Recupero e allo sviluppo delle periferie. E che, insieme alla vice sindaca Patrizia Dal Santo e al sindaco Matteo Chiantore ha visitato il carcere di Ivrea, con il garante comunale Raffaele Orso Giacone.
Una visita di un paio d’ore, che si è tenuta venerdì, in cui Colosso ha ribadito la sua volontà di organizzare un consiglio comunale all’interno delle mura carcerarie, esplicitata anche al neo eletto presidente dell’assise eporediese Luca Spitale durante la serata “Ti riguarda” allo Zac, trovando anche la disponibilità della direttrice Antonella Giordano, che ha accompagnato gli amministratori in visita.
La vice sindaca Patrizia Dal Santo, che viene dall’esperienza del gruppo di acquisto solidale Ecoredia, è rimasta ben impressionata dal progetto delle due serre interne per verdura. «È un progetto che si potrebbe implementare - spiega - anche per la produzione di cibo. Dovranno risistemare la rete antigrandine che è stata abbattuta dal maltempo. C’è anche la tipografia che è in grado di lavorare per l’esterno a cui come Comune potremmo commissionare le nostre stampe. Ora so che sono in pochi, in quattro, ma in passato erano molti di più. So che stanno partendo dei corsi di manutenzione del verde, ecco Ivrea potrebbe fare da capofila dei comuni circostanti, adiacenti al carcere, per creare una piccola squadra di manutentori». Poi, una parola anche sul ponte tra mondo dell’istruzione e carcere. «La direttrice ci ha raccontato che ad Aosta - prosegue Dal Santo - riescono a far entrare i ragazzi delle superiori. Qui ci sono più problemi con i permessi».
Colosso racconta invece di una situazione che sembra «migliorata anche dal punto di vista delle strutture rispetto alle visite precedenti». Aveva già ricordato durante il convegno “Ti riguarda” la necessità di convocare il Gruppo operativo locale (Gol) sul penitenziario, una sorta di cabina di regia comunale con le associazioni del volontariato, almeno trimestralmente. «Durante tutta la precedente amministrazione - spiega -, cioè negli scorsi 5 anni, si è riunito solo due volte».
Nel frattempo la scorsa settimana si sono trovate per la prima volta le 9 associazioni di volontariato che operano all’interno del carcere e che saranno poi coordinate dal Gol. Sono l’Associazione volontaria penitenziari Tino Beiletti, la Comunità di Sant’Egidio, Rosse Torri, La traccia di Settimo Torinese, Santa Croce di Candia, La fraternità di Lessolo, Creative evasioni, Caritas e Officine del terzo settore. Tutte realtà che orbitavano già intorno al penitenziario di corso Vercelli, a cui deve essere aggiunta anche l’importante opera del Cpia Torino 4, ma agivano in maniera non coordinata.
Secondo Colosso diventa ora vitale attivare «progetti di pubblica utilità e i cantieri di lavoro. I primi costituiscono un’attività che i detenuti possono intraprendere a titolo volontario, rivestono carattere sostanzialmente gratuito, salvo che sia prevista la possibilità di corrispondere un rimborso spese, che resta minimo e che viene erogato dalla Cassa delle Ammende ovvero dall’Ente che gestisce il progetto. I secondi sono retribuiti». Fondamentale, anche, «coinvolgere le aziende del territorio in modo da dare continuità lavorativa da dentro a fuori, un “ponte” per collegare vite». E a proposito del rapporto con l’esterno l’amministrazione vuole farsi garante «per trovare abitazioni per ospitare persone senza fissa dimora in detenzione domiciliare, in permesso premio e per chi ha terminato la pena e sta cercando un alloggio definitivo».
Colosso torna poi anche sulla proposta di legge Serracchiani, affossata dalla maggioranza parlamentare, di trovare pene alternative al carcere per le 21 madri che dormono nei penitenziari con i loro bambini.