foto da Quotidiani locali
MONFALCONE Il mondo si divide in due: quelli che hanno messo piede alla Gisella e quelli che non l’hanno mai fatto. E i secondi, per capirsi, sono mosche bianche. A Monfalcone e paraggi, almeno. Dove generazioni di giovani, al termine di nottate insonni – suona meglio in dialetto: notolade – hanno fatto tappa lì per addentare la brioche delle 5, l’ultimo pasto in compagnia prima di mettere a riposo i piedi sfatti dopo ore sulle piste da ballo: del Valentinis prima, del Cantera poi. E da ultimo, lo scorso sabato, pure alla chiusura della Base.
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E i tabagisti? Per la categoria, la Nova Gisella è stata tappa fissa per l’acquisto al volo di un pacchetto di bionde. Non si contano, poi, i lavoratori del Lisert che, una volta timbrato il cartellino, si sono concessi una birra prima del rientro a casa. Perché agli assetati, in Gisella, è sempre stato dato da bere, pur in senso non strettamente evangelico.
Ebbene, dopo 32 anni («e globali 47 di contributi»), alla fine la gestrice Grazia Miniussi ha deciso, assieme al marito Marco Perrino, di appendere al chiodo la licenza: cede ad altri il timone della storica attività, che ha alle spalle oltre mezzo secolo di vita. Di più se si considera che tutto ha origine, nella zona, da uno spaccio militare ai tempi della Grande guerra; non proprio nell’odierna sede, bensì sull’altro lato della via. Insomma, tramonta un’epoca.
Non chiude, però – non disperino gli habitué del locale – la Nova Gisella. Il timone passa infatti, entro la fine del mese, a titolari cinesi, che sempre lungo la regionale 14, in via Boito e di fianco al campo sportivo, hanno già un ristorante di cucina giapponese: Yumiko. Subentrano nell’affitto, mantengono il locale nella sua fisionomia e pure il nome, ormai un marchio. «Non è mica da tutti, come ho fatto io, per oltre trent’anni, svegliarsi alle 3 e mezza del mattino per aprire ogni mattina alle 5, non ci son santi che piovano, sette su sette. Infatti siamo l’unico locale ad attaccare a quell’ora. E d’altro canto le banche non aiutano troppo i giovani», commenta Grazia Miniussi. Che peraltro è sempre stata chiamata dai clienti “Gisella”, «sebbene non sia affatto il mio nome», puntualizza: questo a dire come spesso un’attività si appiccichi alla pelle del titolare fino al punto di identificarlo.
Un locale conosciutissimo, del resto, la Gisella. E anche “da battaglia”. «Ricordo ancora bene, dopo i pomeriggi in discoteca o le partite, cosa accadeva quando qui per caso si “incontravano”, o meglio si scontravano, triestini e friulani – spiega la titolare –: fuori, finivamo col raccogliere i bicchieri fino all’ingresso della sala giochi. Nelle baruffe volava di tutto». Oppure quando arrivavano i bikers, quelli «terribili». Ma ci sono stati anche parecchi momenti di gran spensieratezza, come a capodanno, quando gli “spaiati”, uomini o donne senza famiglia, si incontravano al bar per condividere il veglione e alla fine, un po’ stemperando l’aria delle feste con i brindisi, la serata finiva intonando mille canzoni. «Tremavano perfino i muri», dice Gisella. Un po’ come quando si muovevano le ugole dei bikers, ma forse quella era un’altra musica.
È stata comunque una vita di grandi sacrifici e tanto lavoro, quella della famiglia Minissi in via Valentinis. «Mi sarebbe piaciuto che il timone passasse alle figlie, ho due gemelle e un altro ragazzo che però non vive qui: sono cresciute tra queste mura e mi hanno tanto aiutato, ma penso che pure loro non ne possano più». «Io stessa, dopo 47 anni di bar – racconta –, avverto la stanchezza. Eppure ancora non riesco a realizzare che non sarò più qui e non so cosa farò poi. Di certo, da nonna, mi dedicherò al mio nipotino James a tempo pieno».
La 61enne monfalconese Grazia Miniussi, prima della Gisella, aveva lavorato in locali a Grado, Cervignano e all’enoteca di Aquileia. «Devo dire – ammette – che non mi sono mai annoiata. È stata, anzi, una vita vivace, ogni giorno». E i clienti, come l’hanno presa? «Ovviamente c’è dispiacere – risponde –, ma l’attività proseguirà». Ci sarà la festa dell’addio? «No – risponde – la festa, dopo tanti anni, la farò a casa mia, a Ronchi». Un altro capitolo del commercio monfalconese che si chiude. Il prossimo, per la Nova Gisella, lo scriveranno i nuovi gestori cinesi