Qualche lacrima di nostalgia la scorsa notte sarà sicuramente scesa sul viso dei tifosi dell’Alleghe, mentre vedevano Bruce Cassidy alzare al cielo la Stanley Cup. L’ex difensore delle Civette ha vinto infatti martedì notte il più importante campionato di hockey al mondo alla guida di Las Vegas, che ha festeggiato così il suo primo titolo NHL. E mentre Bruce trionfava osannato dal suo pubblico, gli appassionati di hockey bellunese esultavano per il traguardo raggiunto dal forte ed indimenticato difensore.
Impossibile infatti non ricordare le sue tre stagioni al De Toni, culminate con la vittoria dell’Alpenliga. Era il dicembre 1992, l’Alleghe si qualificò per la final four di Villach all’ultima giornata e in una due giorni incredibile mise al tappeto i Devils Milano di Berlusconi ed il Bolzano di Vostrikov e Maslenikov.
A distanza di 20 anni, tutti i compagni di squadra di Cassidy erano sul divano a fare il tifo per lui. Canadese, classe 1965, ha trascorso la prima parte della sua carriera tra NHL ed IHL per poi approdare nel ’90 in terra agordina. Tre stagioni intense, in una squadra da sogno, prima di trasferirsi in Svizzera e chiudere la carriera da giocatore ad Indianapolis. Poi l’avventura come coach, la rapida ascesa e la Stanley sfiorata con il Boston. Quella coppa che un ginocchio troppo ballerino non gli ha permesso di vincere da giocatore, ora è arrivata alla guida dei Golden Knights, che si sono imposti 4-1 nella serie senza storia contro i Panthers.
«L’ho seguito molto in questa stagione», confida Marco De Toni, suo compagno nell’Alleghe, «e penso che il periodo che ha giocato qui da noi abbia influito molto nella sua vita sportiva. Eravamo allenati da Paul Theriault, soprannominato il generale. Mi sembra che Bruce abbia preso tanto da lui. Lo descrivono come uno severo e che pretende tanto dalla squadra, con l’idea di vincere anche sacrificando il bel gioco. All’epoca era abbastanza taciturno in spogliatoio, ma vedevi che cercava di ascoltare ed immagazzinare il più possibile, direi che si è rivelata un’ottima strategia visto il risultato raggiunto».
Quella del saper ascoltare è una caratteristica sottolineata anche da Lino De Toni, all’epoca uno dei più giovani del roster delle Civette.
«Bruce era un leader silenzioso, oltre che un giocatore dalle doti tecniche indiscusse. Ho avuto la fortuna di giocare con tanti campioni, cercando di immagazzinare da loro il più possibile. Così è stato anche con Cassidy, aveva una grande intelligenza e per questo non mi stupisco della vittoria della Stanley. Se lo merita per quanto ha fatto in questi anni e siamo molto felici perché qui ha lasciato un bel ricordo. A lui piaceva stare ad Alleghe, non era qui solo per lavoro e di questo siamo orgogliosi».
Orgoglio espresso anche da Carlo Lorenzi, altro suo ex compagno in quell’Alleghe stratosferico.
«Si vedeva già a quel tempo che aveva il carisma necessario per raggiungere grandi traguardi, mai però avrei pensato di vederlo vincere da allenatore. Bruce era una persona molto tranquilla, taciturna e spesso stava da solo, ma poi sul campo parlava eccome. Credo che questa vittoria sia una grossa soddisfazione per la società che può vantare tra gli ex un altro vincitore della Stanley».
La grande carriera fatta come allenatore ha stupito anche l’ex difensore e bandiera biancorossa Paolo De Biasio.
«Le sue doti come giocatore erano fuori discussione, ma non credevo in una così rapida crescita come coach. Se lo merita perché ha fatto tutta la gavetta, partendo dai giovani, lavorando tanto ed arrivando al vertice. Sono contento perché quello che non è riuscito a vincere da giocatore, a causa dei problemi al ginocchio, lo ha vinto come allenatore. Il suo pregio era saper ascoltare tanto, penso abbia immagazzinato ed imparato molto dai vari allenatori che ha avuto e questo è tornato utile per sviluppare il suo sistema di gioco che si è rivelato vincente».