foto da Quotidiani locali
Lo “scoppio” del Tavagnacco? Nessun casus belli, no. Piuttosto un lento e inesorabile declino dettato da fattori molteplici. Esterni? In gran parte. Forse: è materia complessa, dopotutto, la storia, quando s’ha da attribuire una colpa. La storia, però, non mente. E dice che, negli ultimi tre anni, il club gialloblù ha raccolto le sue prime, inedite, retrocessioni.
Dalla Serie A alla B; dal torneo cadetto alla C. Nel giro di sole quattro stagioni. Perché la storia non guarda in faccia a nessuno: né alle Coppe Italia in bacheca, né tantomeno alle partecipazioni in Champions League alle spalle.
A chi, dunque, attribuire la colpa? Pardon, le colpe? Al club, stando almeno agli annosi mugugni di alcuni appassionati, tifosi e non solo, vicini alla squadra. Dal canto suo, la società mai ha nascosto critiche e dubbi legati alla rivoluzione tuttora in atto nel mondo del pallone in rosa, col passaggio al professionismo della massima categoria vista quale punta di un iceberg in grado, in queste ultime annate, di costringere alcune realtà più deboli ad affondare, lasciate in balia di aggiustamenti contrattuali, oneri finanziari.
Paletti, insomma, rispettabili a fatica senza il supporto di realtà stabili alle proprie spalle. Realtà come i club di Serie A maschile, ai quali la Figc negli ultimi anni ha imposto l’introduzione di un reparto al femminile nel proprio raggio d’azione. Da qui la nascita di compagini facenti capo alla Roma oppure alla Juventus, oggi superpotenze della massima categoria “women”.
Nel 2021, anche in Friuli si è tentato di percorrere un tracciato simile: l’accordo con l’Udinese, tuttavia, pare abbia avuto quale unico intento quello di dirottare le tesserate bianconere, dai Primi Calci fino all’Under 19, al Tavagnacco, tra le braccia del paròn Moroso.
Un po’ poco, forse, considerata la potenza di fuoco in dote al club di via Candolini. In balia delle onde del professionismo incombente, in un clima di sfiducia verso l’intero movimento, contrariamente al boom vissuto dallo stesso sul piano nazionale, la società gialloblù è ben presto finita per ridimensionare, e di molto, le proprie mire.
Neanche troppo lontano, a dire il vero. Le due Coppe Italia vinte dalle friulane risalgono alle stagioni 2012/13 e 2013/14; le apparizioni in Champions toccano sempre quegli anni. Anni segnati da un calcio trainato dalla produzione locale: Ilaria Mauro, Maria Zuliani. Alessia Tuttino: l’ex centrocampista azzurra è il fil rouge che collega il “Tava” che fu a quello odierno. Dopo il suo rientro in gialloblu del 2020, nell’ottica di un addio al calcio poetico, da compiere tra le mura di casa, il colpo di scena: l’estate scorsa, la mancata conferma. Il ribaltone, con l’addio alle certezze rimaste e l’innesto massivo di giovani “foreste” in prestito. Il tutto all’insegna della spending review, col timone in mano al vicepresidente Bonanni e al tecnico Recenti. Quindi l’addio del coach, da capitano che lascia la nave. In C, alla deriva. Non per sua colpa, certo. Ma per colpa di chi?