foto da Quotidiani locali
TRIESTE Antichi unguenti ricavati da sostanze naturali o preparati a base di erbe, tutti ormai entrati in disuso, soggetti che facevano pensare a imprese gloriose, insegne popolari a Venezia e replicate in città, altre ancora ispirate agli Asburgo, oltre a scelte di pura fantasia e altre di cui nessuno conosce o ricorda con chiarezza l’origine. Dietro ai nomi delle antiche farmacie triestine si nascondono tante storie curiose. E non manca qualche chicca, raccontata con stupore dagli stessi titolari.
Se molte attività sono collegate alla strada o alla piazza in cui si trovano, come “al Corso”, in Corso Italia, “Borsa”, in piazza della Borsa, “Orologio” nell’omonima via, o ancora al rione in cui operano, come le farmacie San Luigi, Campi Elisi o Baiamonti, altre svelano vicende che affondano le radici lontano.
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Partendo dagli animali, citati nelle varie diciture tuttora, alla farmacia Biasoletto “All’Orso Nero”, il titolare Adriano Marzini spiega che «era il nome di un’erba, che si chiamava proprio così, orso nero, una pianta con la quale venivano realizzati dei preparati medicamentosi nel 1.800. Utilizzata per patologie di diverso tipo.
Ricordiamo che questa attività è stata fondata da Biasoletto, che era un botanico. Sappiamo che la prima sede risale al 1806, quando Bartolomeo Giovanni Madriz ottenne l’autorizzazione ad aprire una spezieria in piazza Ponterosso. Nel 1817 subentrò Biasoletto, spostando tutto nell’attuale spazio di via Roma. Nel corso del tempo l’utilizzo di quell’erba si è esaurito».
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“Al Castoro”, in via di Cavana, deve invece l’appellativo a «un unguento a base di olio di castoro, che curava i problemi dermatologici e i reumatismi», racconta la titolare Roberta Merluzzi, «sicuramente è stato venduto qui fino agli anni ’70, mi ricordo le tante richieste, quando ero ancora piccola. Venivano aggiunte in realtà anche altre sostanze, ed era molto apprezzato dai clienti».
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Dalla farmacia comunale “Al Cammello” di viale XX settembre ammettono invece che il motivo di quel nome non si sa. Capita anche per altri colleghi, come da Rubino “Alla Croce Verde” di via Settefontane, dove il titolare Umberto Rubino ipotizza che «si trattasse di un nome di fantasia, uno di quei nomi pomposi che si sceglievano un tempo per le farmacie. E che molti hanno comunque conservato. La nostra esiste dal 1929, la mia famiglia l’ha rilevata nel 1935 e non abbiamo voluto cambiarlo. Anche se nel tempo, mutando la ragione sociale, abbiamo aggiunto “Rubino srl”».
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E oltre alla “croce verde”, c’è pure quella azzurra, in via Commerciale, mentre esisteva, in piazza Sant’Antonio, anche quella bianca. Poco si sa pure in via Giulia dove “All’Amazzone Trionfante” la titolare Chiara de Michelini parla semplicemente di «un mantenimento della memoria storica, il nome è stato dato sotto l’Austria, la decisione fa pensare alla scelta di una figura mitologica, anche se il motivo reale non lo conosciamo. Abbiamo trovato alcuni francobolli antichi, ma riportavano l’immagine di un’amazzone inglese, niente a che fare quindi, pensiamo, con la scelta vera e propria della denominazione».
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Aldo Pahor, titolare di “All’aquila imperiale” di via Tor San Piero, ricorda che il nome altisonante ha origini asburgiche, per la farmacia operativa già dal 1630, «la più antica di Trieste e la più antica attività commerciale della regione» sottolinea, e mostra alcuni libri in cui la popolarità del locale era legata un tempo a speciali cerotti e a un depurativo del sangue.
Origine simile, probabilmente, anche per la “Fontana imperiale”, di via Piccardi. E si sa che in piazza Sant’Antonio, in un passato lontano, c’era pure la farmacia “All’imperatore d’Austria”. Si torna indietro in epoche diverse anche in via Mazzini, “Alla Testa d’Oro”, con un’altra storia. Qui il titolare Filippo Zamboni spiega come fosse «il nome di una famosa spezieria di Venezia. Copiato poi da varie realtà, anche in altre zone d’Italia».
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“Ai Due Mori”, di capo di Piazza, il titolare Giulio Longo racconta invece che «abbiamo recuperato alcuni documenti che ci indicano come, tra ’700 e ’800, questa fosse una spezieria gestita da due etiopi. Da qui, probabilmente, deriva il nome, considerando anche che, in quel periodo, molte spezie arrivavano proprio dall’Africa».
Tra le insegne singolari di altre attività ci sono poi “Ai Due Lucci”, “Al Giglio”, “Al Cedro”, “Al Centauro” o “Al Samaritano”.
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La storia più curiosa, tra passato e presente, spetta sicuramente a Bianca Acanfora, della farmacia “Ai Gemelli” di via D’Alviano, «anche se non sono legata alla famiglia che in precedenza ha gestito l’attività, so che il fondatore – racconta la titolare – era nonno di due gemelli, da qui la scelta del nome. E, ironia della sorte, io l’ho presa nel 2010 quando ero già mamma di due gemelle piccole. Chissà, forse è un caso o forse il destino».