PAVIA. Aspettavano quel bambino, tanto desiderato, con il cuore pieno di gioia. Invece la fine della maternità ha portato ai genitori solo angoscia e dolore. Quando la madre del piccolo, ormai a pochi giorni dal parto, si è presentata in ospedale, al San Matteo, preoccupata perché non sentiva più il bambino muoversi in grembo, ha avuto la conferma del peggiore degli incubi: il battito fetale non c’era più. A distanza di un anno la famiglia continua a chiedere la verità sul loro dramma. Il loro bambino, unico figlio, si poteva salvare? Un interrogativo che per mesi è stato al centro della valutazione di due periti nominati dalla procura, secondo i quali l’evento era imprevedibile. Sulla base di questa valutazione la sostituta procuratrice Valentina Terrile ha chiesto di archiviare l’indagine (che era stata aperta a carico di ignoti), ma la famiglia non ci sta e si oppone attraverso i suoi legali, gli avvocati Luca Angeleri e Ilenia Peotta. A questo punto, sulla vicenda, deciderà un giudice, che potrebbe disporre altri accertamenti.
La ricostruzione
Dietro la consulenza dei due esperti - un medico legale e un ginecologo - nominati dalla procura c’è il dramma di due genitori, lei 39enne e lui 43enne. La coppia alla fine del 2021 vede concretizzarsi il sogno di avere un bambino attraverso un difficile percorso di procreazione assistita. La gravidanza procede bene per i primi mesi, anche se l’età della madre e soprattutto il rischio di preeclampsia, una patologia caratterizzata da un innalzamento della pressione arteriosa durante la gravidanza, impongono controlli stretti. La donna è seguita dai ginecologi del San Matteo e anche da un ginecologo privato per le ecografie. La data per il parto è fissata per la metà di giugno del 2022 e proprio a maggio i controlli sono più fitti, per prevenire ogni tipo di problema. Proprio in questo mese la donna registra alcuni rialzi di pressione, nonostante la terapia farmacologica, che la spingono a rivolgersi per due volte in ospedale. Il 9 giugno, a pochi giorni dal parto, ha un’altra crisi pressoria e decide di tornare al San Matteo. Qui viene stabilizzata e rimandata a casa, nonostante i suoi timori e le richieste di essere ricoverata.
Il dramma
Il 13 giugno la situazione precipita. La donna, di notte, non sente più il bambino muoversi. In ospedale la diagnosi è drammatica: assenza del battito. Il bambino nasce ormai senza vita. Dall’autopsia, eseguita dallo stesso ospedale, emerge che il bambino aveva alcuni giri di cordone attorno al collo. La perizia della procura ha escluso che i medici potessero evitare la tragedia.
Ma i genitori non si danno pace: cosa sarebbe accaduto se il 9 giugno la donna fosse stata ricoverata in ospedale e monitorata invece di essere mandata a casa? E se il bambino, alla minima avvisaglia di sofferenza, fosse stato fatto nascere, vista la situazione delicata della gravidanza? «C’erano a nostro avviso tutte le condizioni perché il caso fosse valutato con più attenzione – spiega l’avvocato Angeleri –. Peraltro tra la fine di maggio e il 9 giugno era emersa anche una bassa crescita del feto. Ci sono aspetti che la perizia a nostro avviso non approfondisce e per questo abbiamo già incaricato nostri consulenti. I nostri assistiti non vogliono accanirsi, ma chiedono sia fatta piena luce sul caso, anche per sensibilizzare e fare in modo che tragedie del genere non accadano».