Tra i tanti grandi allenatori passati al Milan nell’era Berlusconi, ce n’è uno in particolare che deve gran parte della sua carriera in panchina al Cavaliere. È Fabio Capello, originario di Pieris, che a partire dal 1991 diede il via ai suoi tanti successi portando i rossoneri alla conquista di 4 scudetti, una Champions League ed una Supercoppa europea.
Mister Capello, qual è il suo primo ricordo di Silvio Berlusconi?
«Ricordo come se fosse oggi quel giorno del 1991 in cui convocò me, lo staff e i giocatori per dirci che voleva costruire la squadra più forte di tutti i tempi. E ci riuscì, visto che vincemmo una Champions League e ne sfiorammo altre 2 senza subire mai gol per più di un anno».
Come lo definirebbe con una parola?
«C’è un solo termine: era semplicemente un genio. Aveva lungimiranza, quando si prefissava un obiettivo lo raggiungeva. Infatti ha raggiunto risultati incredibili in ogni campo, dalla televisione alla politica cambiandole per sempre. Il Milan è solo uno degli esempi della sua straordinaria genialità».
Cosa faceva la differenza tra Berlusconi e gli altri?
«Il fatto che era un grandissimo motivatore. Quando parlava alla squadra sapeva trascinare me e i giocatori come pochi altri. E si vedeva che ci credeva sul serio, era convinto lui in primis e quindi convincente».
In che rapporti eravate rimasti, vi sentivate ancora?
«Abbiamo sempre mantenuto un rapporto fantastico, tanto che l’ultima volta l’ho sentito pochi mesi fa quand’era con Dell’Utri e mi ha invitato a cena a casa sua ad Arcore».
E infatti, dopo averlo abbandonato nel 1996, riuscì a stare lontano dal Milan solo un anno...
«Sì, ero al Real Madrid, ma quando nell’estate 1997 è arrivata la chiamata di Silvio non ci ho pensato più di un secondo se tornare o meno e sono andato da Lorenzo Sanz (presidente dei Blancos, ndr) manifestandogli la mia voglia di andare al Milan. A quel punto il presidente non ha potuto farci niente, il Milan era la mia vita in quel momento».
E in tanti anni mai uno screzio?
«Abbiamo litigato solo per Dejan Savićević. Si arrabbiava con me quando lo sostituivo e io gli rispondevo che lo toglievo dal campo perché non correva. Ma in tanti anni non ha mai interferito sulle mie scelte tecniche, chiedeva solo di vedere bel calcio e risultati».
A quale calciatore associa Silvio Berlusconi?
«Dico Lionel Messi, ma potrebbe andare bene qualsiasi altro fuoriclasse di quel livello. Come tutti i fenomeni, aveva grandi visioni e la convinzione e la capacità per realizzarle».
A proposito di fenomeni, com’era quella storia su Ronaldo?
«Era il 2007 e io allenavo di nuovo il Real Madrid, quando un giorno mi chiamò per chiedermi di Ronaldo. Io gli dissi di lasciare stare, ché ormai era svogliato e pensava solo alle donne. Bene, il giorno dopo Ronaldo era del Milan e al primo derby fece gol contro l’Inter. L’aveva voluto Berlusconi e ci aveva visto lungo anche quella volta».
Nel corso degli anni uscivano ciclicamente voci di un suo interesse per la Triestina: per lei quanto c’era di vero?
«Per quanto ne so io, niente di vero perché lui amava e voleva il Milan e basta. Però posso garantire che aveva grande ammirazione per Trieste e la Triestina, ben sapendo che questa città aveva dato tantissimo al Milan soprattutto con Nereo Rocco e Cesare Maldini. E in fondo nei primi anni di Milan c’era ancora Gianni Rivera che ama Trieste».
