foto da Quotidiani locali
Gli ingredienti di questa storia sono tutti, profondamente, padovani. Il giorno del Santo, le cupole sullo sfondo, la magia dello stadio Appiani, l’aria frizzante di fine primavera che accompagna un sogno svanito sul più bello. Esattamente 30 anni fa, era il 13 giugno 1993, andava in scena una delle partite più iconiche della storia del Padova. Che a ripensarci adesso fa ancora male ma mette i brividi. In un miscuglio di rimorso e nostalgia.
Ultima giornata del campionato di Serie B, i biancoscudati sono in corsa per la promozione, in un finale thrilling con la classifica che recita: Piacenza, Lecce e Ascoli 46 punti, Padova 45. Con Reggiana e Cremonese già in Serie A, mancano da definire le ultime due promozioni.
È l’epoca dei due punti a vittoria, i biancoscudati devono vincere lo scontro diretto con l'Ascoli ma sperare anche in un passo falso di una tra Piacenza e Lecce.
L’Appiani è gremito da quasi 20mila persone. L’avvio è da incubo, Oliver Bierhoff firma una doppietta in mezz’ora e manda i marchigiani sul 2-0. Simonetta accorcia prima dell’intervallo. Poi negli ultimi minuti succede di tutto.
Franco Gabrieli, il terzino mancino, pareggia a 12’ dalla fine, prima del gol vittoria di Montrone al 90’. Il Padova la ribalta e sogna, in un’epoca senza social e telefonini si sparge la voce che il Piacenza stia perdendo, ma come si direbbe 30 anni dopo è una fake news. Vincono e volano in Serie A sia il Lecce che gli emiliani.
Ai biancoscudati restano le lacrime: «Si fa fatica a descrivere a parole l’atmosfera che si respirava quel giorno», ricorda Gabrieli. «Se ci penso mi viene ancora la pelle d’oca. Crede che l’Appiani avesse toccato il record di spettatori, spingendoci a una partita strepitosa. Riuscimmo nell’impresa di ribaltare il 2-0, il finale fu esaltante e ci fece sognare, prima dei verdetti che ci condannavano a restare in Serie B».
Trent’anni dopo che sapore lascia il ricordo?
«Il primo pensiero è l’amarezza del risultato. Ma poi penso al fascino dell’Appiani e all’emozione che ho provato segnando sotto la nostra curva. In quei momenti ti sembrava che potesse crollare lo stadio, una sensazione che ti regalava una botta di adrenalina. In partite del genere la palla era spinta dalla gente e quella cornice metteva soggezione agli avversari».
Il giusto premio a quel gruppo arrivò l’anno dopo con la promozione. Furono salutari tutte le beffe delle stagioni precedenti?
«Fu brava la società a non smantellare la squadra, a puntellare l’organico anno dopo anno e a puntare sulla nostra voglia di riscatto. Era un gruppo di amici e infatti in questi giorni abbiamo fatto tutti il tifo per Nino Nunziata che ha raggiunto un risultato storico conquistando la finale del Mondiale U20. Ha proposto un grande calcio, è un ottimo tecnico e avrebbe meritato la vittoria».
Padova quando potrà tornare a rivivere quei fasti?
«Spero presto, non meritiamo la Serie C. Quest’anno ci credevo, la squadra era arrivata di rincorsa ai playoff, ero fiducioso. La riconferma di Torrente, però, è una buona notizia. La continuità paga sempre. Se l’ossatura della squadra resta la stessa, con qualche innesto giusto si può puntare in alto». —