E così Torino vuole uscire dall’innato, o perlomeno percepito, grigiore e affida ad una diafana, elegante signora appartenente all’upper class newyorkese, il rilancio della città sabauda. Lo spunto è il nuovo Piano Regolatore che ha fatto convergere, in una tre giorni di incontri e passeggiate notturne, personaggi noti e meno noti, non solo a parer mio ma dei vari presenti, a disquisire sul futuro della città. Vedendola arrivare a me e sembrata il clone, senza occhiali scuri, di Anne Wintour, la mitica direttrice di Vogue America.
Elegantissima, magrissima, molto abbiente, Amanda Burden di Fondazione Bloomberg, sarebbe stata l’icona ideale di Coco Chanel, che sosteneva che “una donna non è mai troppo magra e non è mai troppo ricca”.
Invitata da Stefano Lo Russo, ai miei occhi il più macho dei sindaci italiani, che durante un viaggio a New York, rimase folgorato dal glamour e rinnovamento che la signora aveva saputo imprimere alla città. E così con una squadra di architetti del cerchio magico di Bloomberg, Amanda ha trasformato una parte industriale in una parte vivibile ed attrattiva.
La cifra è la famosa “High Line”, una lunga passerella, che l’ex sindaco Rudolph Giuliani voleva demolire perché fatiscente, per la serie, anche i migliori a volte sbagliano. La High Line Park insiste sulla sezione meridionale in disuso della West Side Line di 2,33 km, che corre lungo il lato occidentale di Manhattan. È diventata un’attrattiva di New York e messa in evidenza dai tour operator come “imperdibile”.
Amanda Burden ha detto di essere rimasta colpita da Torino che, pur avendo quattro fiumi non li riesce a valorizzare, e questo in parte è vero. Nessuno viceversa le ha ricordato che – non senza polemiche – fu realizzato alcuni anni fa, anche nella città dell’auto, un parco lineare con attrattive varie, un museo, bar, ristorante: si tratta della ex Pista del Lingotto, per chi non lo sapesse il circuito di prova sopra l’originario stabilimento Fiat, progettato nel 1921 da Mattè Trucco, un maestro del cemento armato.
Non è stato anche ricordato che la Torino Sabauda ha una lunga passeggiata che va da Palazzo Reale, sotto i portici della Prefettura, sino al fiume Po tutta al coperto e costellata di negozi, bar, ristoranti, musei, chiese.
Più che indicazioni di carattere urbanistico, la signora Burden potrebbe imprimere una impronta di glamour che alla città da sempre manca per il voluto understatement che tradotto in torinese fa “esageroma nen”. Persino nell’accoglienza di Amanda, si è notato il pauperismo per dirla alla Francini, nell’allestimento non minimal ma da comizio di paese.
L’apice di questa inclinazione della città si è raggiunto nel compromesso del progetto sulla Cavallerizza, di cui ho scritto più volte. Un contenitore, che diventerà quasi un aulico centro di raccolta di vari enti invece di un Polo Museale Musicale attrattivo per il pubblico internazionale, dedicato ad esempio all’opera, Opera connotativa dell’Italia, essendo anche la Cavallerizza incastonata tra il Teatro Regio e l’Auditorium. Sulla stregua tra l’altro della Mole Antonelliana diventata, quasi trent’anni fa, il Museo del Cinema, cinema nato a Torino, e che è uno dei musei più visitati d’Italia, soprattutto dopo l’ultima gestione.
Concludendo, va bene sentire i consigli di Amanda per convincere magari i più restii al rinnovamento urbano, ma il rinnovamento deve essere sempre coniugato con la nostra cultura e con la nostra idea di bellezza.
L'articolo Torino, un’urbanista newyorkese per svecchiare la città: bene, ma restiamo fedeli alle nostre idee proviene da Il Fatto Quotidiano.