Accusato di essere un torturatore ma comunque promosso. Dicono, a volte, delle montagne russe della vita. Prendi Alessandro Migliore, agli arresti domiciliari per essere stato riconosciuto come il capo del gruppo che picchiava e umiliava i fermati in Questura a Verona: si ritrova nella paradossale posizione di detenuto e di neopromosso. Recentemente ha infatti superato il concorso interno per diventare ispettore di Polizia, qualifica che lo eleva rispetto a una vasta base composta da agenti e sovrintendenti.
È il suo avvocato Marco Pezzotti a fare presente la circostanza, in una memoria difensiva inviata al pubblico ministero Carlo Boranga, per contestare, guarda caso, l’episodio che ha dato il via a tutta l’indagine sugli abusi alla Squadra Volante scaligera: la perquisizione a casa dell’albanese Sabah Bajraktari.
Quell’intervento viene contestato dall’autorità giudiziaria per vari motivi e tra questi c’è anche il modo in cui l’intervento viene registrato nei brogliacci. “Controllo Covid”, scrive Migliore, invece di “controllo standard”. Per l’autorità giudiziaria è una prova di come volesse “imbrogliare le carte”, evitando di menzionare il reale motivo per cui è scattato quel controllo.
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È bene ricordare che la perquisizione a Villafranca di Verona, in casa di Bajraktari, viene richiesta perché quest’ultimo era stato segnalato minaccioso con una pistola in pugno, in centro a Verona. Aveva minacciato un gruppo di persone, che si erano subito rivolte alla polizia.
Per verificare la sussistenza del pericolo, si decide quindi di sconfinare nel territorio che sarebbe dei carabinieri e entrare in quella casa a controllare. Dentro l’abitazione Migliore e i colleghi scoprono che Bajraktari è il fratello del buttafuori che lavora al Piper, alle Torricelle. Sì, colui che li fa entrare senza fare la fila e che riserva tavoli per le serate nel ristorante-discoteca. Durante la perquisizione trovano armi ma questo non viene menzionato nel verbale. E il controllo sarà poi registrato, appunto, come normale “controllo Covid”. È bene ricordare che il fatto risale al 24 marzo 2022, dunque abbondantemente fuori dalla fase più critica della pandemia.
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L’avvocato di Migliore scrive al pm per fare presente che il suo assistito dichiarò che si trattava di un “controllo Covid” come da indicazioni ricevute dai superiori. Con tanto di screenshot dei messaggi dei capi nelle chat di Whatsapp di lavoro.
Conclude, quindi, l’avvocato Pezzotti: “Considerato che l’agente Alessandro Migliore ha recentemente superato il concorso per Ispettore di Polizia di Stato e che pertanto la pendenza del presente procedimento penale pregiudica l’incensuratezza della sua condotta, la scrivente difesa chiede l’archiviazione”.
La memoria difensiva porta la data del 21 febbraio 2023, quando le indagini sulle violenze sta ormai per volgere al termine. È chiaro che ora, con il quadro emerso, la promozione di Migliore sia l’ultimo dei problemi. C’è attesa, invece, per gli interrogatori di garanzia di mercoledì prossimo per i cinque poliziotti ai domiciliari: Alessandro Migliore, 25 anni di Torre del Greco; Loris Colpini, 51 anni, di Bussolengo; Federico Tomaselli, 31 anni, di Catania; Filippo Failla Rifici, 36 anni, di Melzo (Milano); Roberto Da Rold, 45 anni, originario di Belluno.
Il nuovo questore Roberto Massucci, inviato a Verona proprio per sanare la situazione, ha inviato una lettera a tutti gli agenti per invitarli alla coesione, ricordando che la Questura è una grande famiglia che porta attenzione ai colleghi in difficoltà. Inoltre ha promesso un incontro con uno psicologo per ciascun agente. Sarà operativo uno staff di professionisti che assisteranno i poliziotti in servizio che si sentono colpiti, sia pure indirettamente, dall’inchiesta della Procura
«Tutti insieme non dobbiamo consentire che questa triste vicenda - la quale nel tempo avrà la sua verità processuale - possa minare il rapporto di fiducia che i cittadini ripongono nelle istituzioni», ricorda il questore.
Restando sui paradossi, un’altra circostanza che stride è il fatto che l’assistente capo Loris Colpini, 51 anni, uno dei cinque agenti ai domiciliari, qualche anno fa ha ricevuto pure un encomio: un riconoscimento per aver salvato la vita a due persone.