«L’obelisco di Place de la Concorde a Parigi è di proprietà di Giovan Battista Belzoni e per questo motivo la città di Padova dovrebbe reclamarlo». È questa la provocazione ironica che hanno fatto ai Musei Civici di Padova la professoressa Silvia Einaudi e Marco Zatterin vicedirettore della Stampa e biografo dell’esploratore padovano.
Tramite una conferenza alla quale hanno partecipato Francesca Veronese direttrice dei Musei Civici di Padova, Silvia Einaudi docente di egittologia all’Università di Cagliari e l’assessore alla Cultura di Padova Andrea Colasio, l’esperto ha rivelato il fatto come si faceva una volta: tramite lettera indirizzata alla Veronese e quindi alla città.
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Ora al di là dell’affermazione e richiesta sarcastica, questa notizia porta con sé una nuova pagina della vita dell’esploratore tutta da comprendere e scrivere. La rivelazione è stata fatta a dicembre del 2022, quando Zatterin e l’egittologa Einaudi si trovavano a Parigi in occasione del bicentenario del deciframento dei geroglifici avvenuto grazie a Jean Francois Champollion; qui i due esperti hanno saputo della firma di Belzoni alla base del manufatto. La scoperta è accaduta grazie al restauro intrapreso dal governo francese sul più antico monumento presente a Parigi alto ben 23 metri e dal peso di 222 tonnellate, alle quali vanno aggiunte altre 240 del piedistallo.
Durante le opere di pulizia con la tecnica della micro-sabbiatura per eliminare le impurità causate dall’inquinamento e dal tempo, è emerso quello che oggi potremmo definire graffito, una firma incompleta: Belzon.
«Era abitudine tra ’700 e ’800» ricorda Zatterin «da parte di questi scopritori praticare qualcosa che attualmente sarebbe impensabile: ogni ritrovamento archeologico veniva siglato con tanto di martello e scalpello da parte di chi l’aveva recuperato; il soggetto prendeva così reale possesso del bene, la cosa diventava ufficialmente sua. Oggi grazie a Vincent Rondot, direttore del Dipartimento di Antichità Egizie del Louvre, potremmo studiare questa incisione», conferma il biografo. È probabile, come pensano gli esperti, che il padovano figlio di un barbiere e nato al Portello nel 1778 possa aver inciso il suo nome sulla parte inferiore dell’obelisco durante uno dei suoi soggiorni a Luxor tra il 1816 e il 1818. Il resto è storia appurata: come altre città nel mondo anche Parigi accarezzava il sogno di un obelisco e la scelta cadde proprio su uno dei due appartenenti al tempio di Luxor e realizzati durante il regno di Ramesse II della XIX dinastia (1279-1212 a.C.) .
Nel 1829 il viceré Mehmet Aly in segno di amicizia offrì ai francesi entrambi gli obelischi, dopo più di sei anni e la costruzione di una speciale imbarcazione, i due manufatti arrivano in Francia e quello maggiormente integro venne issato in Place de la Concorde il 25 ottobre del 1836 davanti al re Luigi Filippo e a ben 200 mila francesi giunti per vedere l’impresa.
«Dispiace che Belzoni sia per così dire stato bistrattato dagli egittologi, visto il non essersi mai formato proprio come scienziato– egittologo» commenta Silvia Einaudi «dobbiamo a lui la prima mostra sugli egizi nel 1821 a Londra e quella a Parigi l’anno seguente. È a questo padovano che si deve l’inizio seppur pionieristico della scienza moderna dell’egittologia e l’impulso a voler scoprire questa civiltà».
