Rapita, picchiata e chiusa nel bagagliaio di una macchina per essere portata a Napoli, dove avrebbe dovuto fare da prestanome per un finanziamento da 300mila euro. La vittima, una donna di 60 anni di Vigevano, lo ha raccontato in tribunale, venerdì mattina, davanti al collegio dei giudici presieduto da Elena Stoppini. «Un inferno, pensavo di morire», ha spiegato. A processo per questa vicenda, che risale al 2018, c’è una famiglia originaria della Campania ma, all’epoca dei fatti, domiciliata a Vigevano: Gavino Parente, 42 anni, Antonio Nunziata, 23 anni, Stefania Iodice, 27 anni, e Raffaella Tozzi, 44 anni. Sono accusati di sequestro di persona, lesioni e tentata estorsione. Per questa vicenda erano stati arrestati a Roma, durante il viaggio verso Napoli.
La testimonianza
La donna ha spiegato di essere entrata in contatto con gli imputati in modo casuale, frequentando un bar in piazza Ducale a Vigevano. Da quell’incontro sarebbe cominciata una frequentazione abbastanza abituale. «A volte si pranzava insieme – ha spiegato la donna –. A un certo punto iniziano a dirmi che mi avrebbero fatto fare un finanziamento con una cifra “boom” da un certo Silvio. Io avrei dovuto firmare le carte e poi sparire. Così mi hanno invitato ad andare a Napoli, pagandomi il biglietto del treno. All’inizio ero titubante, poi ho deciso di andare». La donna, secondo quanto ricostruito dalla procura, resta in Campania per due mesi, da luglio a settembre, quando rientra. Il padre la trova molto provata, ma la storia finisce lì. Fino a che, secondo la denuncia della donna, un giorno sarebbe scattato un vero e proprio rapimento.
Il sequestro
Quel giorno la donna doveva andare in Comune per alcune incombenze. Per strada sarebbe stata avvicinata dal gruppo, che l’avrebbe costretta a salire in auto.
«Ma non sul sedile, sono stata fatta accomodare nel bagagliaio – ha spiegato la 60enne –. Qui sono stata costretta a telefonare a mio padre, fingendo che fosse tutto a posto, per rassicurarlo. Mi hanno obbligata a dirgli che andavo ancora a Napoli, ma che era tutto tranquillo. Nel frattempo mi picchiavano, mi davano dei colpi mentre ero nel bagagliaio».
L’allarme e l’arresto
In aula è stato sentito anche il padre della donna. «Già quando è tornata dal primo viaggio mi ha raccontato l’inferno – ha dichiarato il genitore –. Aveva dei segni addosso, ho capito che c’era qualcosa di strano e mi ha spiegato che si era rifiutata di fare un finanziamento». L’uomo ha raccontato, dal suo punto di vista, anche il giorno del presunto rapimento: «Quando mi ha chiamato ho capito che c’era qualcosa che non andava nel suo tono di voce. Sono andato subito in caserma e questo ha fatto scattare l’operazione». L’auto è stata intercettata a Napoli e le persone a bordo sono state arrestate. L’accusa di sequestro dovrà ora essere vagliata dal processo, che è ancora in corso. La difesa, rappresentata dagli avvocati Stefano Uggetti del foro di Pavia e Fabrizio De Maio di Lagonegro, proverà a smontare l’impianto accusatorio. La sentenza è prevista per maggio.