PAULARO. La Carnia piange uno degli imprenditori più importanti della Val d’Incarojo: si è spento a 83 anni per problemi di salute insorti negli ultimi tre mesi Antonio Tarussio.
Guidò la secolare segheria di Paularo da fine anni Sessanta al 2018, quando ne passò il timone ai figli. Se ne è andato, circondato dall’affetto dei suoi cari, nella dimora settecentesca dei suoi avi a Villamezzo, casa tipica carnica tenuta come un gioiellino da lui e dalla moglie Solidea (sposati da 55 anni) che hanno sempre aperto le porte della loro casa a visitatori e turisti per trasmettere a tutti il valore delle tradizioni di Paularo, di cui sono stati instancabili custodi.
Antonio si distinse per l’amore per il territorio e per lo sviluppo industriale della vallata. Creò pure la prima centrale idroelettrica della Val d’Incarojo.
Giovedì 30 marzo, alle 15, gli sarà dato l’ultimo saluto nella cappella della Beata Vergine di Lourdes a Paularo. Lascia la moglie, i figli Stefano, Gherardo e Marco.
«È stato – evidenzia il sindaco, Marco Clama – uno dei principali imprenditori di Paularo. Con lui se ne va un pezzo di storia di Paularo, un riferimento per l’utilizzazione e la trasformazione del legname.
Negli anni ha dato da lavorare a tanta gente. La sua è stata una delle imprese di traino del settore principale della nostra valle, il legno. La sua figura sia presa da esempio dai giovani, come imprenditorialità e voglia di far ripartire il nostro territorio.
Lui fu anche il primo a realizzare qui una centrale idroelettrica. Creò numerosi impianti a fune nei boschi per l’esbosco del legname. Lui e la moglie (ex presidente della Pro Loco) sono sempre stati molto attivi pure nel sociale, hanno supportato le associazioni e la festa dei Mistîrs.
Non solo aprendo la loro casa alle visite, ma offrendo nella Côrt di Tarùsc la polenta, filando la lana, mostrando i mestieri di un tempo». La segheria fu fondata dal trisnonno di Antonio nel 1800 nell’area del campo sportivo di Paularo e fu trasferita a ingresso paese a inizio Novecento. Funzionava con la forza motrice dell’acqua, come i mulini.
A fine anni Sessanta Antonio prese le redini dell’attività. Superò con maestria e tenacia vari momenti difficili, terremoto incluso. Fece riscoprire nella Ricostruzione l’importanza dell’uso del legno, specie nei tetti, proprio in chiave antisismica.
Con lui la segheria si radicò ancor più sul territorio. Nel 1983 un’alluvione distrusse tutte le opere di presa. La segheria fu convertita a energia elettrica e nel 1985 avviò la centrale idroelettrica.
Ad Antonio vivere e lavorare nella sua terra piaceva, ci credeva, promuoveva prodotti e saperi locali. Accoglieva scolaresche in visite guidate, partecipava a convegni.
Oggi l’azienda si chiama Idrolegno Paularo e unisce le attività di segheria (carpenteria in legno, tetti, imballaggi e altro) e produzione elettrica.
«Mio padre – rammenta il figlio Stefano – ha condotto l’attività, oltretutto molto bene, fino al 2018, quando l’ha affidata a noi figli, la quarta generazione. Anche dopo ha continuato a seguire l’azienda.
Ci ha trasmesso il rispetto per le persone, i valori del territorio e il senso di responsabilità nel fare impresa qui»
