foto da Quotidiani locali
Condanna a un anno e quattro mesi di reclusione a testa (con la sospensione condizionale) per una coppia di genitori “no mask”, ovvero contrari all’uso della mascherina, 61 anni lui, di professione imprenditore, e 56 anni lei, residenti in centro storico.
Erano finiti sul banco degli imputati per calunnia e per aver concorso nel falso in un certificato con alcuni medici (nei confronti di questi ultimi gli atti sono stati trasmessi per competenza nelle procure delle città dove lavorano).
I due dovranno anche pagare (oltre alle spese) un risarcimento di 10 mila euro alle tre parti civili costituite, l’allora preside reggente dell’Istituto comprensivo Petrarca, la professoressa Concetta Ferrara, il vice Roberto Vigliotti e il coordinatore di classe Domenico Barbuto.
Nell’autunno 2020 i tre erano stati denunciati dai genitori per violenza privata, maltrattamenti e altri reati ai danni del figlio, tutti archiviati. Ora la sentenza è stata pronunciata dal gup padovano Domenica Gambardella al termine di un giudizio abbreviato che, per legge, prevede lo sconto di un terzo della pena.
Il pm Maria D’Arpa aveva chiesto la condanna a due anni e quattro mesi di carcere. Gli imputati erano difesi dal penalista Emanuele Fragasso (subentrato nella fase finale del procedimento al collega milanese Agostino Crosti); la dirigente scolastica e i due collaboratori erano tutelati dall’avvocato Massimo Cosenza.
Prima di decidere – e precisando che non era l’anticipazione della sentenza – il giudice aveva invitato le parti «ad argomentare» sulla possibile applicazione di una pronuncia di non punibilità degli imputati alla luce di un’offesa di particolare tenuità e del fatto che non si trattava di delinquenti abituali.
Un’eventualità alla quale si era opposto il legale delle parti civili perché non era stato versato alcun ristoro. Alla fine è arrivata la condanna in forma ridotta. Una condanna che, comunque, ha soddisfatto le tre “vittime”.
«Giustizia è fatta» commenta la professoressa Ferrara, «In un periodo in cui si contavano mille morti al giorno, noi alla guida degli istituti cercavamo solo di tamponare il pericolo e mettere in sicurezza gli alunni. Alcune persone, invece di essere solidali con i dirigenti scolastici, rallentavano o complicavano il loro operato, polemizzando e avviando azioni legali basate sul nulla o su falsità».
I due erano accusati di calunnia e di aver attestato il falso – in concorso con quattro medici – in altrettanti certificati medici emessi tra il 24 novembre e il 31 dicembre 2020. Autunno 2020, i vaccini non ci sono ancora.
La preside non riammette a scuola “in presenza” il figlio della coppia in quanto privo di un dispositivo di protezione idoneo (la mascherina). E così prevede per il ragazzino la Dad (didattica a distanza).
I genitori giustificano l’assenza della mascherina con motivi di salute presentando il certificato di un dentista milanese che la professoressa Ferrara non valuta congruo; quindi inviano a scuola dei certificati rilasciati da altri tre medici. A quel punto la dirigente riammette il ragazzino nonostante indossi soltanto una visiera trasparente.
Il braccio di ferro non finisce: i genitori denunciano preside e collaboratori per alcuni reati ai danni del figlio. Ma il procedimento viene archiviato.
Anzi, la coppia finisce nei guai per calunnia e falsità nei certificati (è risultato che i genitori non sarebbero andati negli ambulatori fuori regione). In aula gli imputati si sono difesi sostenendo che le visite erano state svolte a distanza in collegamento video, ma nei certificati non c’era alcun accenno a quella modalità né la firma risultava in formati digitale. La difesa ha già preannunciato ricorso in appello.