La Russia continua ad agitare lo spettro delle armi nucleari, non solo annunciando che qualsiasi sarà la reazione dell’Occidente non desisterà dal dislocarle in Bielorussia, ma spingendosi a sostenere di avere equipaggiamenti per «distruggere qualsiasi nemico», a partire dagli Usa. Ma mentre il ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, sostiene che Mosca vanta ancora «molti amici in Occidente», l’accelerazione sul nucleare rende più profonda la crepa con la Cina, sebbene nella costante partita a scacchi tra Mosca e Pechino risulti sempre molto difficile stabilire chi stia mandando messaggi a chi.
«I politici americani intrappolati dalla loro stessa propaganda hanno fiducia che, in caso di conflitto diretto con la Russia, gli Usa siano in grado di lanciare un attacco missilistico preventivo, dopo il quale la Russia non sarà più in grado di rispondere. Questa stupidità è miope e molto pericolosa», ha detto il segretario del Consiglio di sicurezza russo, Nikolai Patrushev, in un’intervista al quotidiano statale Rossiiskaya Gazeta. «La Russia – ha aggiunto – è paziente e non intimidisce nessuno. Ma dispone di moderne armi uniche in grado di distruggere qualsiasi nemico, compresi gli Usa, in caso di minaccia alla sua esistenza».
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È stato poi il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, a tornare sulla questione del dispiegamento di armi nucleari tattiche in Bielorussia, annunciato sabato da Vladimir Putin. «La reazione dell’Occidente non influirà sui piani russi», ha sostenuto Peskov, mentre Lavrov ha voluto fugare l’idea di una Russia totalmente isolata in questa parte di mondo. Tornando a vestire la Russia con i panni della vittima, il ministro degli Esteri russo ha sostenuto su Telegram che Mosca sarebbe oggetto di «un’aperta aggressione da parte dell’Occidente, guidata dai neonazisti ucraini», aggiungendo che «nonostante la campagna per abolire la Russia, continuiamo ad avere molti amici, anche in Occidente».
«Condividono i nostri valori tradizionali», ha detto Lavrov, avvertendo che «la lotta» del suo Paese «per mantenere il suo posto nel mondo» è già iniziata e che «tutti i tentativi di “divide et impera” sono destinati a fallire». Secondo diversi analisti, però, la mossa del dispiegamento dell’arsenale tattico nucleare in Bielorussia rappresenterebbe un solco anche nei confronti della Cina, che pur nella sua ambiguità ha sempre chiarito di essere contraria a una escalation che ne penalizzerebbe gli interessi nazionali. Non a caso, dopo l’annuncio di Putin sulla Bielorussia, Pechino ha rilanciato la sua richiesta di una riduzione del rischio di conflitto nucleare fra potenze, sottolineando che in una guerra nucleare non possono esserci vincitori.
La portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning, ha ricordato che a gennaio «i leader dei cinque Paesi con armi nucleari hanno precisato in una dichiarazione comune che non deve essere dato inizio a una guerra nucleare, che non può essere vinta». Inoltre, nella Dichiarazione congiunta sottoscritta da Xi Jinping e Vladimir Putin al termine del vertice della scorsa settimana, si precisa che «i Paesi con armi nucleari devono abbandonare la mentalità da guerra fredda e gioco a somma zero, ridurre il ruolo delle armi nucleari nelle loro politiche nazionali di sicurezza, ritirare quelle dispiegate all’estero, eliminare lo sviluppo senza restrizioni di una difesa globale con missili balistici, e adottare passi efficaci per ridurre il rischio di conflitti nucleari». Per questo, alcuni osservatori hanno indicato nell’annuncio di sabato di Putin un avvertimento, più che all’Occidente, proprio al suo presunto alleato Xi, al termine di un vertice giudicato da alcuni fallimentare.
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