foto da Quotidiani locali
Ivrea
Un ampio bacino di idee per costruire il Canavese di un futuro non troppo lontano, perché l’obiettivo di diventare una smart land, ossia di avere un territorio con una forte identità, iperconnesso dal punto di vista digitale e strutturale e ben riconoscibile è fissato al 2030 ed è stato analizzato nella tre giorni di Contaminazioni alle Officine Olivetti. Progetti, suggerimenti ed esperienze vincenti sono stati i tasselli da cui il think tank Canavese 2030, presieduto da Fabrizio Gea, ha fatto partire la discussione. La parola chiave alla base di tutto è stata una sola: innovazione.
A raccontare cosa vuol dire fare innovazione in Canavese è stata Alberta Pasquero, amministratore delegato del Bioindustry park di Colleretto Giacosa: «È importante partire sempre da una solida base e così è stato per il polo innovativo che dirigo, nato dalla precedente esperienza di una fabbrica chimica e dall’attività di ricerche biomediche. Il sottofondo che ha consentito di dar vita al Biondustry park è l’aver saputo unire la capacità industriale all’interesse generale. Ritengo che l’unione di questi due elementi dia vita a procedimenti innovativi. Prima di tutto, però, sono necessari un contenuto forte, un contesto di sostegno, una buona capacità di sviluppo, la possibilità di fare promozione e, soprattutto, tanta fiducia. A questo si aggiungono le nuove dinamiche tra dimensione pubblica e privata che possono dar vita a tanti esempi di innovazione. Oggi parliamo di questo polo d’eccellenza come di una società mista, tra privato e pubblico, che dialoga con le istituzioni e attira grandi aziende, non ultime Bracco e Novartis in campo farmaceutico, e grandi investimenti. Il nostro territorio ha una forte densità di industrie, di ricerca e alta formazione: c’è il potenziale per fare molto e promuovere un brand territoriale».
Un aspetto importante per l’innovazione al giorno d’oggi è rappresentato dalla sostenibilità, non solo nella misura in cui si impatta sull’ambiente, ma anche per quanto riguarda uno stile di vita da ritenere sostenibile per chi vive e lavora in un territorio. È importante, in questo caso, il punto di osservazione: «Bisogna essere attrattivi e coerenti al tempo stesso per essere in continuità con l’immagine che si vuole dare - spiegano Barbara Cimmino, amministratore delegato del brand Yamamai, e Roberto Binaghi, di Mindshare. - Non siamo soltanto ciò che crediamo di essere, siamo soprattutto ciò che viene percepito da fuori e il Canavese, per diventare attrattivo, deve porsi delle domande da questo punto di osservazione».
Un altro tassello importante riguarda la comunicazione: «Le dinamiche sono cambiate, siamo passati dalla comunicazione via mass media, facilmente controllabile, a quella dei social media, nuova frontiera a cui si guarda se si vogliono fare esperienze - continua Binaghi. - Il pubblico che sceglierà di venire a conoscere il Canavese molto probabilmente si sarà informato via social media per cercare luoghi da esplorare sul territorio, per cui saranno i visitatori e i fruitori a determinare il futuro del Canavese. Questo è un territorio ricco di esperienze completamente diverse da offrire, dal Parco del Gran Paradiso al Carnevale di Ivrea con la battaglia delle arance: con coerenza, determinazione e continuità il metodo con cui comunicare il Canavese dovrà dialogare con gli utenti che sceglieranno questo territorio per viverci, lavorare o per passare le vacanze».