A Venezia il volto di Fratelli d’Italia è quello di Raffaele Speranzon, mestrino, 51 anni, da settembre 2022 senatore per il partito di Giorgia Meloni. Nella destra milita da quando aveva 14 anni, quando entrò nel Fronte della Gioventù. In consiglio comunale ha messo piede per la prima volta alle comunali del 1990, poi nel ’97 e nel 2010 (con il Popolo delle libertà). Nel 2005 è stato candidato sindaco per Alleanza Nazionale e tra 2009 e 2015 assessore in Provincia. In consiglio regionale è entrato nel 2020, dopo essere stato presidente di Ater Venezia. Tra i fondatori di Fratelli d’Italia, il centrodestra veneziano lo conosce benissimo.
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FdI da partito di lotta è oggi partito di governo. Comandate voi. E la Lega?
«Noi partito di governo lo siamo sempre stati, all’interno di una coalizione di centrodestra, con Forza Italia e Lega. Noi siamo decisi a rappresentare i nostri valori, che sono antichi, coscienti della responsabilità che ci è stata data con l’esito del voto nazionale. E ora lavoriamo affinché l’Italia sia protagonista in Europa, con un ruolo guida».
State eliminando le scorie del vostro passato per diventare la nuova Democrazia cristiana?
«Siamo altro: siamo la destra conservatrice e non abbiamo scorie. Altri le hanno, quelli che alle manifestazioni esibiscono ancora la falce e il martello. De gustibus, certo. Ma con Giorgia Meloni stiamo lavorando per un partito conservatore che guidi anche l’Europa, assieme ai popolari. La premier è per questo impegnatissima in una serie di bilaterali con importanti Paesi, come Israele che conta tantissimo negli equilibri planetari».
Una premier donna cambia la politica tutta maschile: dalle congratulazioni immediate alla Schlein, al botta e risposta con la stampa.
«Sempre pensato che le donne siamo meglio degli uomini. E più donne ci sono ai vertici delle istituzioni, meglio è. La nostra società si sta trasformando, senza dubbio».
Passiamo alle prossime amministrative di maggio in provincia?
«Il nostro obiettivo è quello di trovare il miglior candidato per garantire una buona amministrazione che sia sintesi di una coalizione articolata. Quindi sul nome di Teso a San Donà siamo tutti d’accordo. Su Martellago siamo tutti su Saccarola, come su Pianiga siamo impegnati per Calzavara. Manca San Stino, ma l’accordo di coalizione è vicino».
I giochi li guidate voi, adesso. Non la Lega.
«Il detto vale sempre: nessuno è indispensabile, tutti sono utili. Su Jesolo siamo andati da soli perché eravamo fermamente convinti che il nostro candidato fosse il migliore da schierare. Lì siamo andati da soli e governiamo noi. Ma ogni Comune è una storia diversa e ci sono i civici di cui tenere conto sempre».
A Venezia la campagna acquisti continua?
«Così la chiamate voi, ma non lo è affatto. Ci sono persone che si erano impegnate nella civica fucsia ma non si sono ritrovati, poi, nel partito che è nato successivamente, e che hanno pensato di passare da una lista civica alla politica con la P maiuscola. Alle regionali io so, per certo, di aver preso voti da sostenitori fucsia, per esempio».
Il suo prossimo obiettivo è un sindaco di FdI a Venezia?
«Si va al voto a Venezia nel 2026 e tre anni in politica sono ere geologiche. Parlarne ora è prematuro: noi vediamo bene un sindaco che garantisca continuità amministrativa a questo mandato e che eviti di vedere tornare Venezia governata dal centrosinistra. Noi lavoriamo per questo».