foto da Quotidiani locali
TRIESTE. Corsi e ricorsi della storia: rileggi la vita di Giovanna d’Arco e pensi a Greta Thunberg. Due ragazzine che, venute su dal nulla, diventano improvvisamente protagoniste, capaci di infilarsi tra le debolezze, la paura e la crisi. Per fortuna i tempi sono cambiati e il rogo su cui salì la Pulzella d’Orleans è confinato tra le pratiche di un Medioevo davvero buio. Che Giovanna e Greta abbiano qualcosa in comune lo dice la professoressa Maria Giuseppina Muzzarelli, docente di Storia medievale all’Università di Bologna, che di Giovanna d’Arco parlerà (al teatro Verdi alle 11) domenica 5 febbraio, nella sua lezione all’interno del ciclo dedicato ai “Ribelli”, ideato e progettato dagli Editori Laterza, promosso dal Comune di Trieste, organizzato con il contributo della Fondazione CRTrieste e di cui il Piccolo è media partner. La relatrice sarà introdotta dal giornalista de Il Piccolo Pierluigi Sabatti.
Professoressa Muzzarelli, a chi si ribella Giovanna d’Arco?
«Alla storia politica, ai ruoli in cui erano confinate le donne. Giovanna si veste da uomo e non si sottomette agli organi ufficiali della chiesa. Dice di sentire delle voci dall’alto, ribellandosi in questo modo al potere ecclesiastico, che non accetta il suo rapporto diretto con dio».
Secondo lei cos’erano queste voci?
«Penso fosse il modo con cui Giovanna traduceva quella che potremmo chiamare un’intuizione, un’idea. Una bambinetta che nasce in campagna, senza istruzione, come può farsi ascoltare dal potere se non facendosi profetessa, intermediaria di qualcuno che dall’alto le dice cosa fare?».
Difficile da credere oggi, non le pare?
«Ma quella era una società disposta a dare ascolto alla profezia».
Erano voci che suggerivano una condotta politica. Cosa dicevano?
«Che bisognava incoronare Carlo VII e cacciare il nemico inglese. Il contesto è quello della guerra dei Cent’anni che contrappone Francia e Inghilterra. Il re inglese vuole mettersi sulla testa anche la corona di Francia e borgognoni e armagnacchi non sono sfavorevoli all’idea. Forse Filippo il Buono, duca di Borgogna, pensava di fare una specie di esperimento di Europa unita, con Francia e Inghilterra assieme. Ribollivano tante idee in quel momento. Giovanna riesce a farsi spazio nel sostenere il Delfino di Francia, Carlo, che ha bisogno di essere incoronato. Riesce a farsi ascoltare, si fa dare un cavallo, un’armatura e a farsi mettere a capo di un esercito».
Ma come fa un’adolescente a ottenere tutto questo credito? Sembra una vicenda incredibile.
«Lo sembrò anche a quel tempo. Christine de Pizan (si veda il volume di Muzzarelli ‘Un’italiana alla corte di Francia. Christine de Pizan’, intellettuale e donna, ndr), offre una testimonianza nella sua ultima opera, dedicata a Giovanna d’Arco. In questo poema ricorre la parola miracolo: anche agli occhi dei contemporanei questa storia aveva dello straordinario».
Giovanna d’Arco è dunque a capo dell’esercito francese che va a liberare Orleans. Cosa succede dopo?
«Carlo viene incoronato a Reims e a quel punto Giovanna vorrebbe andare alla conquista di Parigi, ma qui comincia la sua parabola discendente. Carlo VII si è servito di lei per farsi incoronare re, per radunare un po’ di forze intorno a lui, per ottenere fiducia, ma ecco che la politica riprende il sopravvento, si passa alle mediazioni, a tentativi diplomatici e a questo punto Giovanna viene catturata e il sovrano che tanto ha avuto da lei non muove un dito».
Non viene solo scaricata, ma anche imprigionata e poi uccisa, come mai?
«Per la chiesa è inaccettabile che si potesse credere che Giovanna, attraverso le voci che diceva di sentire, avesse un rapporto diretto con dio. Ma lei si dice cristianissima e l’unico addebito indiscutibile che possono muoverle è che indossa l’abito maschile, cosa proibita dal Deuteronomio. Che la chiesa non tolleri che la donna vesta un abito maschile può sembrare un particolare, ma finisce col diventare la chiave di volta nel corso del processo».
In che modo?
«Le chiedono di sottomettersi e di abbandonare l’abito maschile; lei in un primo momento accondiscende ad abiurare e a riconoscere l’autorità della chiesa, ma all’ultimo momento viene ritrovata in carcere nuovamente vestita in abiti maschili. Così per la chiesa lei torna al peccato e il rogo diventa inevitabile».
Poi però viene riabilitata quasi subito, e poi fatta santa.
«È una figura che si presta a diverse letture. Nel corso del tempo è diventata una eroina sia per ambienti di destra che di sinistra, come per chi sostiene una causa femminista o omosessuale».
Lei ha studiato il ruolo delle donne nell’Europa medievale e moderna. Quali altre protagoniste possiamo ricordare?
«Due in particolare. Matilde di Canossa, che partecipò a campagne militari e dimostrò una capacità di governo personale che le consentì di avere un ruolo importante nella relazione fra l’imperatore e la chiesa. E Caterina da Siena, che scese concretamente nella politica battendosi per il ritorno del papa da Avignone a Roma».