«Da bambino passai pomeriggi interi nello studio del nonno, nella villa di Vallebuia», rivela Giulio Giustiniani in postfazione, «per farmi raccontare la triste storia del “Sardi perduto in America”». Oggi, giovedì 2 febbraio, alle 18 a Udine, in Castello (Salone del Parlamento), si terrà la presentazione di “Il denaro è cipria.
Avventure e amori del conte Ottavio Sardi cittadino del Settecento” (Maria Pacini Fazzi Editore, euro 24, pp. 516), il volume fresco di stampa, scritto dal brillante giornalista, scomparso ad agosto dell’anno scorso, e che nella sua “seconda” vita friulana aveva sposato Elisabetta Nonino.
Giulio Giustiniani è stato caporedattore della “Nazione”, vicedirettore del “Resto del Carlino”, vicedirettore del “Corriere della sera”, direttore del “Gazzettino”, direttore responsabile e tra i fondatori de “la 7”, e dell’agenzia multimediale “Apcom”.
“Il denaro è cipria” sarà presentato da Frediano Finucci, giornalista de La 7, e nell’incontro condivideranno un ricordo dell’intensa carriera di Giustiniani anche Roberta Giani, direttrice de Il Piccolo, Tommaso Piffer, professore di storia contemporanea dell’Università di Udine e presidente dell’Associazione Friuli Storia, Vladimiro Tulisso, per anni giornalista del Gazzettino.
Il libro è un romanzo storico epistolare, e porta un esegetico sottotitolo “Prete mancato a Lucca, banchiere a Amsterdam, colono in America”.
Racconta le tre vite di un “cosmopolita del Settecento, cittadino di un secolo che si credeva fortunatissimo”, ed è costruito da Giustiniani, con l’estro del narratore e la puntualità del giornalista che ritrova tra le carte la storia di un interessante antenato, Ottavio Sardi, e così continua l’investigazione familiare iniziata da bisnonno e nonno.
Con “Il sangue è acqua. Il doge, il santo, l’avventuriero, il principe dei Mongoli e altri parenti”, uscito nel 2011, il suo primo memoir biografico di una delle famiglie italiane a più alto tasso di narratività storica (ed emotiva), i Giustiniani-Sardi, ed edito sempre dal raffinato editore lucchese Maria Pacini Fazzi Editore, l’autore ci aveva incantato con quel largo senso del tempo e la grazia e la semplicità dello sguardo del bambino che è stato.
Con questo secondo volume dedicato allo sfortunato destino dell’avo del ramo materno, Giustiniani ci attrae con la ricca ampiezza dello sguardo storico e la spiritualità del sentire. Vola infatti sulle parole la fede in Dio di Ottavio Sardi (e del suo autore), che colora con profondità la fonte certa: le 666 lettere conservate all’Archivio di Stato di Lucca e scritte in un francese arcaico, con inchiostro di seppia e un corsivo sottile, che Giustiniani mescola al suo colto lavoro investigativo sul Settecento internazionale.
Ottavio è vittima della sua vita; da giovane conte spensierato a Lucca e a Modena, si è trovato a gestire gli affari di famiglia, il banco Sardi ad Amsterdam, “una specie di banca d’affari e una società di import-export”, come la definisce Finucci, e poi esule nella Guiana olandese, a Demerari, ha cessato la sua vita, in solitudine, nella piantagione di cotone, tra gli schiavi.
«Era esule e infelice, ma anche onesto e coraggioso», dichiara lo scrittore. E ripensando ai pomeriggi con il nonno, noi lettori rivediamo l’autore bambino, intento a sognare con gli occhi liberi della fantasia, e con una sorta di saggezza riflessiva (chi lo conosceva, sapeva che il Giulio adulto non l’avrebbe mai persa): «Mi affascinava poi l’inquietante lezione sulla volubilità del destino, e sulla fragilità della ricchezza, che era racchiusa nella sua vita».
L’incontro in Castello è a ingresso libero e a esaurimento posti.