Scritte fasciste sui muri; due carabinieri in pattuglia aggrediti con calci e pugni da una quarantina di persone incappucciate, tanto che gli agenti sono finiti in ospedale; scontri tra manifestanti e forze dell’ordine durante gli sgomberi delle case popolari occupate; inchieste legate a frange estremiste di estrema destra ed estrema sinistra. Negli ultimi mesi sono state molte le tensioni sociali in città. Chiediamo al prefetto Raffaele Grassi una lettura di questi fenomeni.
Prefetto, le tensioni sociali in città la preoccupano?
«Non nascondo che i temi del disagio sociale ogni mercoledì li porto all’attenzione del Cosp, il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Noi dobbiamo cercare di cogliere i segnali che potrebbero anticipare delle situazioni di rischio. Mi riferisco all’emergenza abitativa, agli sfratti, agli sgomberi delle case popolari».
«È evidente che si tratta di temi di indubbia criticità perché se non vengono affrontati in maniera efficace possono precipitare in situazioni di ordine pubblico. Un altro tema è il disagio urbano, c’è tutta l’area della stazione che ne è caratterizzata e non a caso Comune e Questura, con l’appoggio della Prefettura, hanno portato un ufficio di polizia in piazza Gasparotto. Non ha un obiettivo repressivo, ma di estrema prossimità, di vicinanza e sostegno ai servizi sociali nell’azione di recupero delle persone».
Ma come si leggono i segnali di pericolo?
«Il Cosp esiste proprio per questo. Le scritte sui muri, le minacce, anche i fenomeni accaduti all’estero – le bombe incendiarie nelle macchine – le manifestazioni di piazza, sono tutte espressioni del disagio sociale che rischiano di essere strumentalizzate da aree antagoniste. Questo contesto richiede grande sensibilità ed equilibrio, senza alzare i toni».
A livello nazionale esiste il rischio che il mondo anarchico possa trovare sponde in altri ambienti antagonisti. Allo stesso tempo gli apparati di sicurezza (nazionali) hanno riscontrato tentativi di rilancio delle istanze fasciste: ricordiamo, alcuni mesi fa, le scritte comparse sui palazzi padovani. Questi sono segnali di rischio?
«Le espressioni di dissenso richiedono sempre massima attenzione perché possono sfociare in fatti più gravi. La nostra attenzione è massima e anche la cautela con cui ci approcciamo perché l’ordine pubblico è fondato sulla moderazione e sul dialogo, non sul contrasto. È chiaro che se il dissenso sfocia in reati interviene l’autorità giudiziaria».
«Ogni settimana in sede di Cosp cerco di cogliere quei segnali di pericolosità che possono incidere sulla sicurezza. Queste espressioni di dissenso saranno sempre sotto la lente di ingrandimento».
«Proprio per ragioni precauzionali abbiamo stimolato la discussione al tavolo del Cosp per rafforzare i dispositivi di tutela sugli obiettivi sensibili, soprattutto le istituzionali, anche su sollecitazione del Ministero».
«Abbiamo attenzionato tutti i fenomeni che potrebbero sfociare in eventi difficili da gestire. Padova è un laboratorio, non dimentichiamolo. Non dimentichiamoci neanche che quando ci fu l’assalto all’Ater, tre o quattro giorni dopo vennero perquisiti dei locali di CasaPound».
Cosa pensa dell’aggressione subita dai due carabinieri a due passi da via Ticino lo scorso 5 novembre?
«I carabinieri erano impegnati in un’attività di controllo del territorio e la pattuglia è stata assalita. Questo dice l’indagine, che non faccio io ma le forze dell’ordine. È un episodio molto grave e non è l’unico».
«Le violenze davanti all’Ater pochi giorni dopo sono state segnalate all’autorità giudiziaria che, sulla base degli approfondimenti, ha ritenuto opportuno emettere dei provvedimenti cautelari. Il dissenso va bene, è il sale della democrazia, ma deve essere esercitato nel rispetto delle regole democratiche. La violenza non deve mai essere accettata».
Negli ultimi anni non era mai accaduto che si assalisse un’auto delle forze dell’ordine. Cosa sta succedendo?
«Le condotte criminose vanno fermamente condannate: gli uomini in divisa non si devono toccare, sono a servizio dello Stato per il mantenimento della sicurezza pubblica».
«L’ordine e la sicurezza pubblica sono un bene collettivo e va manovrato con una certa prudenza. Ma quando si registrano episodi di questo tipo si esprime una ferma condanna. Noi che gestiamo la sicurezza pubblica in questa città abbiamo sempre garantito il dissenso, ma quando si traduce in condotte criminose ci vuole l’intervento dello Stato».