Non ci sono soltanto le elargizioni a favore dei partiti. A ricevere soldi sono stati anche i singoli candidati alle ultime elezioni politiche. Tutto lecito, certo. Il problema, però, è che si conoscono sì gli importi, ma non il nome del finanziatore, persona fisica o azienda che sia. I soggetti «benefattori» sono puntualmente oscurati. La triste sorpresa emerge sfogliando le varie dichiarazioni dei redditi che i parlamentari hanno consegnato alla Camera e al Senato. Panorama le ha consultate tutte, una per una. E, dinanzi ovviamente a cifre differenti e redditi diversi da onorevole a onorevole, c’è un dettaglio comune, da destra a sinistra: l’oscuramento dei finanziatori.
Curioso, per esempio, il caso di Luciano D’Alfonso, ex governatore d’Abruzzo e oggi deputato del Pd. Nella sua dichiarazione dei redditi ci sono quattro pagine piene zeppe di contributi ricevuti. In totale se ne contano addirittura 41. La cifra complessiva farebbe impallidire persino i bilanci di qualche partito: 300 mila euro. Accanto alle singole cifre il deputato ha lasciato in chiaro la provenienza geografica. E così sappiamo, che da Chieti sono arrivati una volta 15 mila euro e un’altra volta 25 mila, mentre da Roma sei versamenti per un totale di 62 mila euro. E in mezzo ad altri contributi abruzzesi, ecco spiccare inaspettatamente anche 20 mila euro da Rovigo. Restano oscuri, però, i nomi di chi ha deciso di finanziare D’Alfonso.
Ha raccolto 55 mila euro, invece, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza: dieci versamenti di cui, al di là delle singole cifre, non si conosce null’altro dato perché i nomi sono oscurati mentre il campo relativo agli indirizzi è stato lasciato in bianco.
Questa totale mancanza di chiarezza è legale: la legge scritta quando Enrico Letta era presidente del Consiglio, fatta poi approvare da Matteo Renzi che prese il suo posto, permette ai finanziatori di restare anonimi, in ossequio al principio di privacy, fino a contributi sotto i 100 mila euro. In altre parole, se non c’è il loro consenso né politici né partiti possono rendere pubblici i nomi. Il punto, però, è che fino all’ultima legislatura qualcuno acconsentiva alla pubblicazione delle proprie generalità. Questa volta invece i sostenitori hanno preferito restare nell’ombra, con tutto quello che ne deriva in termini di trasparenza dell’azione politica. D’altronde lo stesso ideatore della legge, il segretario uscente del Pd Letta, ha ricevuto fondi per 12.890 euro. I soggetti erogatori, però, sono impossibili da conoscere.
Come detto, la situazione non cambia se ci spostiamo nelle altre formazioni politiche. Risulta che Maria Elena Boschi abbia ricevuto in totale 112.700 euro ma anche in questo caso non emergono i nominativi dei «benefattori». Stesso mistero sui finanziatori tocca, tra i tanti e vari casi, i compagni di partito Luigi Marattin (16.550 euro) e Fabrizio Benzoni (26.700 euro), i forzisti Giorgio Mulè (28.800 euro), Nazario Pagano (65 mila euro) e il ministro degli Esteri Antonio Tajani (62.890 euro).
Curioso anche il caso di Licia Ronzulli: dichiara di «aver ricevuto a titolo di liberalità» due contributi, uno il 14 settembre per 20 mila euro e uno il 20 settembre per 7 mila. Chi abbia erogato, però, ignoto. Di Maurizio Lupi conosciamo dov’è stato acceso il conto corrente (presso la Bcc di Triuggio e della Valle del Lambro), addirittura la filiale (di Barzanò), ma non i nomi di persone e società che hanno versato in totale 55 mila euro per la sua campagna elettorale.
Il discorso non cambia con la premier Giorgia Meloni: dalla sua dichiarazione risultano nove finanziamenti «schermati» per 61 mila euro e rotti. Le cifre salgono con Giulio Tremonti (38.500) ed Edmondo Cirielli (52.500 euro). Mentre per la Lega, l’attuale ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha ricevuto due contributi, uno da 10 mila euro e uno da 3.850 euro. Ma altro non si sa.
A sinistra del Pd, poi, a Francesco Emilio Borrelli sono arrivati 33.806 euro, ma i suoi sostenitori hanno preferito celare la propria identità. Ancora più curioso il caso di Nicola Fratoianni: dalla sua dichiarazione risulta un solo contributo ma non in denaro, bensì in «beni e servizi» per 110.367 euro. Il nominativo? Oscurato, ovviamente. E i Cinque stelle? I finanziatori dei singoli parlamentari pentastellati avranno acconsentito a rivelare i loro nominativi, in ossequio alla proclamata trasparenza? Macché. Prova ne sia la documentazione depositata dal capogruppo 5 stelle alla Camera Francesco Silvestri: sebbene il deputato sia dettagliato nello spiegare come poi siano stati spesi i soldi, per gli 11 mila euro e rotti si parla di «donante». Come in tutti gli altri casi, il nome è barrato da una striscia nera.
