Lividi sul seno e una gamba viola. La mattina del 19 luglio di due anni fa una donna si è presentata alla caserma dei carabinieri di Feltre, per denunciare violenze sessuali da parte del marito.
C’era un’amica con lei, alla quale aveva chiesto ospitalità: «Era molto agitata e provata», ha deposto in tribunale il maresciallo che aveva raccolto la querela, «presentava dei segni, degli ematomi sul corpo e, poco dopo, è stata sottoposta a una visita medica al Pronto soccorso del Santa Maria del Prato. Le hanno offerto un alloggio, ma non ne aveva bisogno, dopo di che si è rivolta a Belluno Donna».
Nel corso della notte, aveva dovuto subire l’ennesimo rapporto contro la sua volontà. Il coniuge tornava tardi dal lavoro e pretendeva di fare sesso: «Tra noi era ormai finita e cercavo di fargli capire che non volevo e di oppormi, ma lui ha molta più forza di me e non ci riuscivo. Non potevo urlare, perché accanto a me dormiva nostra figlia piccola e temevo di svegliarla, di fronte a una scena di violenza. Il giorno dopo mi sono confidata con la mia amica e siamo andate in caserma».
Ce n’era stata un’altra, negli anni precedenti, ma ritirata pochi giorni dopo, perché incinta era stata spinta e aveva dovuto chiamare il 118. I rapporti con il marito non sono sempre stati burrascosi e dal matrimonio sono nate due bambine.
Durante la convivenza nella casa dei suoceri, era con questi ultimi che c’erano grossi problemi, poi i due hanno comprato casa e l’uomo avrebbe cominciato a essere oltremodo geloso, contestando anche l’abbigliamento con il quale andava al lavoro: «Bastava che indossassi del leggings, per sentirmi dare della poco di buono e dovevo per forza abbinarli con un maglione lungo. Si era messo in testa che avessi una storia con un altro, perché gliel’aveva detto un amico, ma non è vero e non possono esserci prove. In compenso sono stata pesantemente minacciata e una volta mi ha messo le mani intorno al collo per strozzarmi».
Il difensore dell’imputato Tullio Tandura ha prodotto delle foto scattate a casa sull’abbigliamento e contestato anche «il fatto che aveva installato un’applicazione sul tablet per controllare le mie conversazioni» con la spiegazione di whatsapp web. Ma è soprattutto sulle violenze sessuali contestate dal pm Simone Marcon e sottolineate dal legale di parte civile Luciano Perco che c’è stata e ci sarà battaglia.
La donna sta per avviare le pratiche per la separazione e «quando l’hanno saputo i miei suoceri si sono portati via la figlia più grande. Sono mesi che non la vedo, tranne che per telefono. So che è triste senza di me e non va per niente bene a scuola».
Il tribunale collegiale ha rinviato al 14 giugno per i testimoni della parte civile e l’esame dell’imputato.
