I medici sono pochi, in Lombardia meno che altrove. Qualcuno una via d'uscita ce l'avrebbe, ma dov'è la politica? Assente o quasi. Il tema "La carenza dei medici di medicina generale: cause, soluzioni e ricadute sulla medicina territoriale" affrontato dal convegno promosso dalla Fondazione comunità mantovana e dall'Ordine dei medici, non basta ad attirare l'attenzione. E la discussione aperta suona al momento come un grido d'allarme lanciato ai decisori pubblici.
L'appuntamento ha avuto come fulcro una relazione del primario emerito e già docente all'università Statale di Milano, Nicola Taurozzi. Nella sua analisi, il medico mantovano prospetta una diversa strutturazione del servizio sanitario, su tre livelli, come soluzione in grado di superare gli handicap economici segnati anche dall'ultima finanziaria. In sala qualche sindaco, i saluti del presidente provinciale Carlo Bottani e dell'assessore comunale Andrea Caprini in rappresentanza del sindaco, tanti medici. Assenti le conclusioni annunciate del sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, assenti gli interventi di quattro parlamentari mantovani su cinque, unico intervenuto a distanza il deputato Bruno Tabacci, che attacca la Regione: «Il sistema lombardo ha depotenziato il sistema pubblico, la Lombardia ha dimostrato di aver fallito». Elogiato invece il modello sanitario, articolato su tre livelli, proposto da Taurozzi: due "filtri" prima di quello ospedaliero di alta competenza, per arginare accessi in codice bianco al pronto soccorso. «Con il risparmio - spiega Taurozzi - si finanzierebbe la spesa di gestione necessaria che oggi non trova copertura, circa 1 miliardo. Serve un tavolo di lavori da aprire in tempo reale. A Mantova mancano 85 medici di famiglia e 105.000 mantovani rischiano di non poter avere l'assistenza». Il convegno è stato coordinato dal consigliere nazionale Anaao-Assomed, il sindacato medici e dirigenti sanitari, Tommaso Bruni.