TRIESTE. Uno dei “dialoghi d’arte” più belli a Casa Cavazzini nella mostra “Contrappunto 02” appena conclusa, era stata la relazione creata dall’artista Manuela Toselli con la veduta di Gerusalemme di Bernhard Fiedler, pittore berlinese vissuto in pieno Ottocento.
La Toselli tramite fili di seta su shantung di seta aveva deciso di catturare l’anima pittorica di “quella luce”, in una fittissima trama costruita nel sofisticato dittico “Point of view”.
Da venerdì 20 gennaio, l’origine della sua ispirazione, -il quadro di Fiedler-, è ufficialmente proprietà dei Civici Musei udinesi e generoso frutto di una donazione: quella degli eredi Brunner.
Si è tenuta infatti ieri a Casa Cavazzini la presentazione dei quattro dipinti appartenuti a Filippo Brunner, imprenditore ebreo triestino vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, requisiti dai tedeschi, e ora ufficialmente visibili nella già ricca collezione museale. Presenti all’incontro il sindaco di Udine Pietro Fontanini, Helen Brunner in rappresentanza degli eredi di Filippo Brunner e Vania Gransinigh, conservatore responsabile di Casa Cavazzini.
I quadri erano in deposito al museo dal 1945 senza che si conoscesse l’identità del proprietario. Solo in seguito a recenti ricerche d’archivio, si è potuto risalire al nome, mettendosi in contatto con gli eredi. Soddisfazione e gratitudine da parte del Sindaco Fontanini, “alla luce non solo del valore delle opere stesse, ma anche del valore di testimonianza che esse assumono.”
Esponente di una nota famiglia di origini ebraiche proveniente da Hohenems (Austria) e stabilitasi a Trieste agli inizi del XIX secolo, Filippo Brunner (1862 – 1947) studiò chimica in Germania e in Svizzera compiendo in seguito un viaggio a Manchester dove avviò la sua prima attività industriale e sposò Fanny Sofia Bles, con la quale fece ritorno a Trieste nel novembre 1894 e da cui ebbe tre figli: Carolina, Hilda e Oscar.
Da quel momento Filippo si dedicò alle attività finanziarie e industriali di famiglia contribuendo a consolidarne la fortuna.
Presagendo quanto sarebbe accaduto di lì a poco a seguito dell’inasprirsi delle leggi razziali promulgate nel 1938 dal governo fascista italiano, nell’agosto del 1943 si trasferì a Firenze e successivamente in Svizzera, lasciando quanto possedeva nella residenza cittadina di Trieste e nella tenuta agricola di Terranova d’Isonzo e Marcorina. Dopo l’8 settembre 1943 e il conseguente passaggio di Trieste nella Zona d’Operazione Litorale Adriatico si intensificarono le requisizioni e i saccheggi.
Nel caso di opere di particolare valore storico-artistico, i tedeschi stabilirono però il loro deposito presso i musei competenti. Con l’istituzione della Zona d’Operazione Litorale Adriatico, fu il ragioniere Oscar Casa a ricevere nel gennaio 1944 l’incarico di assumere l’amministrazione fiduciaria, per conto delle autorità germaniche, di stabili e aziende appartenenti a cittadini ebrei triestini: tra questi anche l’azienda agricola di Terranova d’Isonzo, proprietà di Filippo Brunner.
Così, quando nella soffitta dell’edificio residenziale della tenuta di Terranova, furono trovate due casse contenenti sette dipinti, poco dopo, quattro di essi tra cui la veduta di Gerusalemme, furono depositati presso l’allora Civico Museo di Udine senza che fosse indicato il nome del proprietario.
Al termine della guerra, nessuno si presentò a richiederne la restituzione e l’assenza di qualsiasi riferimento alla proprietà impedì una loro corretta restituzione. Da quel momento, i quattro dipinti entrarono a far parte delle raccolte museali.