TRIESTE Che idea hanno del mondo del lavoro che li attende i giovani Z? Che cosa è per loro importante quando si parla di lavoro? E, infine, ritengono la città di Trieste una piazza attrattiva dal punto di vista professionale?
Le risposte dei ragazzi intervistati nel capoluogo giuliano differiscono su alcuni punti per poi trovarsi in armonia su altri. La percezione del mondo del lavoro che li attende è la dimensione che divide maggiormente.
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Le opinioni dei più ottimisti si racchiudono nella visione di Andrea Petrucco, 22 anni: «Credo che oggi sia possibile creare un impiego dal nulla come mai si era potuto fare prima. Basta pensare a quanti diversi tipi di lavori stanno nascendo e si stanno espandendo, le opportunità sono ovunque». La versione meno rosea, invece, trova espressione nella delusione di Luca Sbrollini, laureando in Neuroscienze: «Ho pagato per studiare e per finire a lavorare gratis. Il mondo del lavoro che ho trovato in Italia è sfibrante, avvilente e non meritocratico. Non c’è dialogo tra scuola, università e mondo del lavoro». Sfiduciata anche Alexandra Natale, 19 anni: «Credo che in Italia gli stipendi non siano molto adeguati. Anche chi è molto bravo e preparato deve rifiutare incarichi perché vengono pagati troppo poco».
GENERAZIONE ZETA: Così i giovani triestini vedono se stessi: «A caccia di libertà nello smarrimento»
Se il parere sul mondo lavorativo che li attende divide i giovani Z, le riflessioni si fanno più convergenti rispetto a ciò che i ragazzi chiedono ad esso. Per Elisa Semez «i giovani Z cercano un lavoro che li appaghi e soprattutto che permetta di avere del tempo libero e una buona retribuzione». Secondo Andrea Petrucco «l’equilibrio tra lavoro e vita privata è un fattore importante che i giovani Z ricercano, così come la possibilità di lavorare in maniera flessibile. Inoltre sono interessati a operare per aziende con cui condividono valori o che sono impegnate in attività sociali».
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La nuova gerarchia dei valori che i giovani Z esprimono è il risultato di un modo differente di intendere la vita e il proprio tempo, ed è una tendenza non trascurabile che segna l’affermazione di un ribilanciamento delle aree del vivere, con cui l’offerta lavorativa oggi non può fare a meno di confrontarsi.
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È qui evidente la differenza rispetto alle aspirazioni delle generazioni precedenti – soprattutto rispetto a quella dei loro genitori, i “boomers”, ma anche dei loro fratelli maggiori, i “millennials” – più volte sottolineata: «A scendere nella scala dei valori è il bisogno di fare carriera a tutti i costi, che è ancora importante ma è un po’ venuto meno rispetto ad altre necessità», spiega Ludovica Albano, giovane imprenditrice.
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«I giovani d’oggi nell’ambiente lavorativo vogliono essere valorizzati, stare bene in un posto che rispetti i loro principi e sentirsi più realizzati – prosegue Silvia Germani, 22 anni –. Secondo me lo stipendio è una cosa fondamentale, sì, ma è più la priorità degli adulti. All’inizio della mia carriera lavorativa io vorrei trovarmi a mio agio e avere man mano una crescita personale e delle belle soddisfazioni, poi viene tutto il resto».
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Infine, chiamati ad esprimersi in merito all’attrattività del contesto lavorativo triestino, i giovani intervistati – pur dichiarando di non avere un’idea chiara in merito – sembrano nutrire una certa fiducia nel territorio: «Credo che Trieste sia molto selettiva, ma non credo che non ci siano opportunità – spiega Camilla Maffioli, 22 anni –. Penso al campo della ricerca scientifica, alle industrie, al porto, ma anche al fatto di avere tanta diversità di territorio: siamo aperti a lavori stagionali come assistente bagnanti, istruttori di sport acquatici, per citarne alcuni». È un parere condiviso da molti di loro.
