foto da Quotidiani locali
Si è spento venerdì scorso, all’età di 86 anni, Venceslao Luise: per molti anni è stato il custode dell’ex palasport Tre Pini, sede storica delle squadre di pallavolo e pallacanestro del Petrarca.
La famiglia lo ricorda come un uomo «premuroso e dall’animo buono» capace di grandi gesti di affetto e altruismo. Molte le testimonianze sui social di ex atleti che ne ricordano il grande cuore: «Il suo ricordo sarà l’eredità più preziosa».
«Erano tempi duri quelli in cui è cresciuto», ha raccontato la figlia Alessandra, 52 anni, «Nessuno ti regalava nulla e dovevi lavorare sodo per portare a casa il pane per la tua famiglia. Per questo ha sempre avuto un forte senso del dovere e ha sempre messo la famiglia al primo posto».
Nato a Mirano nel 1936, Luise fu adottato da una famiglia padovana all’età di 15 anni.
«Era incredibilmente altruista», spiega la figlia, «tanto che fino a pochi anni fa, quando dovevo uscire di casa presto per andare a lavorare, lui si svegliava alle 4 solo per prepararmi il caffè, e assicurarsi che fosse tutto pronto».
Per anni “Vence” – così lo chiamavano affettuosamente atleti e allenatori – ha lavorato come custode del palasport di Prato della Valle che fu la sede delle squadre di serie A di pallavolo e pallacanestro del Petrarca. È ricordato, tra le altre cose, per la sua paziente capacità di lucidare i pavimenti dei campi da gioco prima delle partite.
Il suo pensionamento coincide con l’abbandono del Tre Pini nel 2002, anno in cui si ritirò nella casa di Salboro ritrovando il contatto con la terra e la natura. Un grave problema al cuore lo ha strappato all’affetto della moglie Antonietta e dei due figli di 52 e 46 anni.
«Gli siamo rimasti vicini fino all’ultimo momento», spiega Alessandra, «Non volevamo che trascorresse i suoi ultimi istanti in una casa di risposo. Quando avevamo bisogno di lui c’è sempre stato, e abbiamo deciso di ricambiare così quelle sue attenzioni quotidiane».
Al dolore dei familiari si è unito anche il cordoglio di dirigenti e allenatori del Petrarca basket. Moltissime le dimostrazioni di affetto sui social di chi lo aveva conosciuto al Tre Pini.
«Come non ricordare il campanaccio che tirava fuori e suonava per dare la carica alla squadra nei momenti di difficoltà», scrive Alberto Buffo.
«Brontolone ma dal cuore immenso», ricorda invece Leopoldo Carraro. «Molto più di un custode, ma una persona laboriosa e autentica», dice Giacomo Faber.