Al parchetto: minacce, spinte, insulti, botte, furti e anche spinelli e coltellini in tasca. A scuola: vessazioni, umiliazioni e, ancora, minacce. Succede a Canizzano, dove un gruppetto di pochi ragazzini sta seminando il panico tra i coetanei e, di conseguenza, tra le famiglie. Il bullismo dilaga fuori e dentro gli istituti e a generare il tutto sono, secondo le famiglie, sempre gli stessi, minori di 16 anni, soli, con una difficile situazione familiare alle spalle. È l’ennesima denuncia dopo le due dei giorni scorsi (in altre zone della città e della provincia), quando due alunni vittime dei bulli si sono ritirati da scuola.
Se prima si pensava che gli episodi di bullismo si manifestassero soprattutto nei corridoi e in ricreazione, ora il fenomeno si è esteso anche il pomeriggio. Da una parte i genitori delle scuole, esasperati, chiedono interventi più incisivi da parte dei presidi, dall’altra il presidente di istituto comprensivo IC3, Francesco Sardo Infirri, dichiara che quello a cui si assiste la mattina è solo la punta dell’iceberg di un fenomeno che si verifica in modo più preoccupante nei quartieri. I rappresentanti di classe di una scuola media dell’istituto comprensivo 3 raccontano di essere sfiduciati davanti ai reiterati comportamenti di pochi elementi che penalizzano il rendimento di intere classi.
«Questi ragazzi continuano ad avere potere perché nessuno usa il pugno di ferro, dalla scuola vengono presi provvedimenti troppo blandi, auspichiamo una presa di posizione» dichiarano i rappresentanti. «La scuola dovrebbe mettere il bambino nella condizione di sentirsi al sicuro, invece, i più sensibili non vogliono più frequentare. Ci sono alcuni elementi che stanno creando panico: bullismo, minacce, vessazioni stanno rovinando i mesi scolastici dei bambini, vengono rubati oggetti personali o fatti dispetti come togliere le sedie mentre un compagno si sta per sedere».
Comportamenti che poi si ripercuotono sulla programmazione curricolare: «A causa di questa situazione, molte attività scolastiche rischiano di saltare, a cominciare dalle gite o laboratori e a rimetterci è la classe intera, anche quei ragazzini interessati e curiosi» rivendicano i genitori. Ma è quando le lezioni sono terminate, che i bulli trovano il maggiore spazio di azione. E allora i parchetti del quartiere diventano il teatro di angherie quotidiane le cui vittime designate sono i coetanei, sempre ragazzini delle medie.
«Il bullismo è un fenomeno reale e diffuso, ma quello che vediamo a scuola è solo la punta dell’iceberg. Il peggio avviene il pomeriggio al di fuori degli istituti» racconta Sardo Infirri, genitore di cinque figli, che gravita nel mondo scolastico da oltre 15 anni.
«La scuola a modo proprio è attrezzata per far fronte a queste situazioni, ci sono insegnanti designati e referenti di plesso che si occupano di questo ambito» continua Infirri. «Il problema si manifesta fuori del cancello, dove le possibilità di intervento dell’istituzione scuola finiscono. I ragazzi sono gli stessi ma il pomeriggio hanno la possibilità di agire indisturbati. Sono casi isolati, ma devono essere gestiti, perché possono rovinare il benessere dell’intera comunità. Ed è la comunità stessa che dovrebbe agire prima che si arrivi alla denuncia, ed è troppo tardi. Ci si accanisce sulle scuole senza guardare che fuori avviene di tutto e di più».
Intanto in ambito scolastico sembrerebbe si stia correndo ai ripari con riunioni e consigli di istituto ad hoc per affrontare la delicata questione, mentre i genitori si interrogano su come poter porre fine agli atti di bullismo, senza dover arrivare a ritirare i figli da scuola o ad impedir loro di uscire da soli il pomeriggio. Come trasmettere il messaggio che il comportamento errato dei bulli va punito in modo che non venga più reiterato? Se lo chiedono le madri e padri degli adolescenti, angosciati.
«La presenza di uno o due persone adulte fuori da scuola fa tanto, è un deterrente al bullismo» continua Sardo Infirri. «Manca uno spirito di comunità, fuori dalla scuola non servono i vigili, ma degli adulti che diano l’esempio e la dimensione della comunità. Cominciamo da qui».