«Ridendo, scherzando, lavorando sodo, creando, improvvisando, concretizzando, imparando e soprattutto vivendo, come è richiesto dal manuale dell’uomo felice che vive un vecchio sogno, quest’anno sono tre decenni che il Costarica è diventato casa mia».
Nel 1992 ci voleva coraggio a dare un calcio alla sicurezza di una città piccola e confortevole e a un mestiere sicuro per planare su una specie di selvaggia terra in parte ancora da colonizzare. Però Ivan Rutter, udinese allora trentunenne, dice convinto di «amare poco la comfort zone, preferendo di gran lunga l’avventura e il volo verso chissà dove. In quel momento era necessario per riprendere a respirare».
Per dare subito un assaggio a quello che accadde dopo, e che continua a succedere, adesso Ivan ha un piccolo impero sul mare: l’insegna è quella di “Zumatours” società con una trentina di dipendenti che si occupa dell’accoglienza, del soggiorno e dei divertimenti di migliaia di turisti l’anno.
Rutter è uno stimato imprenditore, compra le sue barche in Colombia e attraverso lo stretto di Panama le conduce in porto, «in ogni settore c’è un responsabile, tutta gente fidatissima che continua a fare quello che deve anche se io sono dall’altra parte del mondo».
Quindi Ivan che l’è passato per la testa all’inizio degli anni Novanta per mandare tutto a quel paese?
«La scontentezza personale e il provincialismo udinese. Una cittadina che non mi corrispondeva più. Lavoravo per mio zio, una bella realtà di arredamenti per supermercati, ma con lui i contrasti aumentavano, il mio matrimonio scricchiolava e scoprii di avere un’urgenza: andarmene. Presi un volo per il Costarica, era l’8 ottobre 1992, mi incuriosiva come luogo. Non conoscevo una sola parola di spagnolo, né tanto meno dove sarei finito».
E restò là…
«Be’, all’inizio avevo in testa di fare una lunga vacanza. Vivevo in un alberghetto di un tizio di Belluno e siccome noi friulani di stare fermi non siamo capaci, m’ingegnai a portare i turisti dell’hotel fuori in barca e, con quello, mi pagavo vitto e alloggio. È come se avessi messo in stand by la mia vita. Qualche mese dopo tornai a Udine per annunciare alla famiglia che avrei vissuto in Costarica».
[[ge:gnn:messaggeroveneto:12222926]]
Che coraggio! Mai facile lasciare il certo per l’incerto.
«In realtà l’incerto si stava trasformando in certo. Trovai, nell’ordine: una fidanzatina, che fra l’altro mi aiutò molto con lo spagnolo, un lavoro e una casa. Andavo spesso a Miami a comprare l’attrezzatura di pesca e un giorno tornai pure con un’automobile. A quel punto non c’era ragione di tornare da dove ero fuggito, le pare?».
A quanto dice direi assolutamente di no. Come titolò Benigni La vita è bella.
«Pura vida, dicono da queste parti. La gente è meravigliosa e il clima confortevole. I loro sorrisi sono medicina, capisce? Lo stress? Non esiste. Scappai proprio da quello, dal perbenismo “fighettino” nel quale mi riconoscevo, fu null’altro che un gesto di ribellione. Voglio la giungla, voglio passeggiare coi pantaloni corti e indossare le infradito, voglio la cultura del “basta poco per gustare l’esistenza”, quello desideravo».
Non è da tutti agguantare le proprie aspirazioni, no? Poi cosa successe?
«A Playa de Coco, dove vivevo da quasi un anno, venne a trovarmi un mio amico cuoco. “Ho sentito parlare un gran bene di Montezuma”, mi disse. “Un posto fantastico e di grandissima natura”. “Cosa aspettiamo?” Gli risposi. Caricammo il pick-up e dopo tre giorni di viaggio, dormendo in spiaggia o dove capitava, arrivammo a Montezuma. Io non ho idea di come sia fatto il Paradiso, ma secondo me quel posto gli somigliava. Aprimmo un ristorante, Mediterraneo, e acquistai la mia prima barca per portare i turisti sull’isola della Tortuga».
Pare la trama di un film on the road. Manca solo l’amore e poi siamo a posto.
«Già. Alla fine dei Novanta incontrai Francesca, turista italiana “pagante”, che poi diventerà moglie e mamma delle nostre due figlie».
Insomma, Ivan. Tutto è bene quel che finisce bene…
«Adesso ho una bella flotta da 40 passeggeri a nave. Non è stato facile per un cittadino, all’inizio, avere a che fare con ragni, serpenti, granchi, murene, ma ti ci abitui, come sempre. Vedo un futuro in Colombia, ma una volta l’anno torno sempre a Udine, così giusto per non stare mai fermi. E comunque quando andrò in Paradiso, se sarà meno bello di Montezuma, giuro che mi farò rimandare indietro».
