“Attenti, è più pericolosa di un cancro la malattia del menefreghismo tra i giovani”. Così papa Francesco durante l’incontro con i giovani di Azione Cattolica in Aula Paolo VI. E li mette in guardia dal rischio di non interessarsi agli altri, di chiudersi nelle relazioni virtuali. “Il cristiano – dice Bergoglio- si interessa alla realtà sociale e dà il proprio contributo. La miseria umana non è un destino che tocca ad alcuni sfortunati, ma quasi sempre il frutto di ingiustizie da estirpare”. Nel monito ai giovani impegnati nella fede il Pontefice sottolinea l’importanza della comunità parrocchiale, che nel corso degli anni ha cambiato profilo.
“Io sono di un’altra generazione. Sono nato e cresciuto in un contesto sociale ed ecclesiale diverso. Quando la parrocchia era un punto di riferimento centrale per la vita della gente. La Messa domenicale, la catechesi, i sacramenti… La realtà socio-culturale in cui vivete voi è molto cambiata, lo sappiamo. La missione della Chiesa è stata ripensata, in particolare la parrocchia”, osserva papa Francesco. “Ma, in tutto questo, rimane una cosa essenziale: per noi, per me e per voi, l’esperienza parrocchiale è stata ed è importante. Insostituibile. E l’ambiente “normale” dove abbiamo imparato ad ascoltare il Vangelo. A offrire un servizio con gratuità, a pregare in comunità, a condividere progetti e iniziative”. Ed è il senso comunitario, fatto di incontri reali non virtuali o da remoto, la parola chiave del monito papale.
“Dunque, – osserva Francesco – cari giovani, siamo di generazioni diverse, ma abbiamo in comune l’amore per la Chiesa e la passione per la parrocchia, che è la Chiesa in mezzo alle case, in mezzo al popolo. Voi volete contribuire a far crescere la Chiesa nella fraternità”, dice rivolgendosi ai giovani di Azione Cattolica. “Vi ringrazio! Su questo siamo perfettamente sintonizzati. Sì, ma come farlo? Prima di tutto, non spaventatevi se nelle comunità vedete che è un po’ debole la dimensione comunitaria. È una cosa molto importante, ma non spaventatevi, perché si tratta di un dato sociale, che si è aggravato con la pandemia”.
Il papa analizza i cambiamenti sociali e l’individualismo che ne consegue. “Oggi, specialmente i giovani, sono estremamente diversi rispetto a 50 anni fa. Non c’è più la voglia di fare riunioni, dibattiti, assemblee. Per un verso, è una cosa buona, anche per voi. La Chiesa non va avanti con le riunioni. Ma, per altro verso, l’individualismo, la chiusura nel privato o in piccoli gruppetti, la tendenza a relazionarsi “a distanza” contagiano anche le comunità cristiane”, conclude il Papa. “Siamo tutti un po’ influenzati da questa cultura. Dunque bisogna reagire, e anche voi potete farlo incominciando con un lavoro su voi stessi”.
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