C’è ancora la firma di Marco Pettenello sul nuovo film di Gianni Di Gregorio. Si intitola “Astolfo” ed è la seconda collaborazione tra lo sceneggiatore padovano e il regista dopo il fortunato “Lontano lontano”, premiato con il David di Donatello nel 2021 proprio per la migliore sceneggiatura. Un passo quasi naturale per Pettenello, tanta è la sintonia di sguardo, non solo cinematografica ma anche caratteriale, con Di Gregorio.
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«È stato spontaneo» racconta «riannodare i fili dopo aver scritto insieme “Lontano lontano” e chiedersi: e ora cosa facciamo? Ci siamo trovati molto bene per personalità, gusto e modo di lavorare e, partendo da alcuni frammenti di vita di Gianni, ci siamo inventati questa storia». Che è quella di un professore in pensione, Astolfo, che, sfrattato di casa, torna nel paese natio sulle colline romane: qui è ancora il proprietario di un vecchio palazzo nobiliare, eredità della famiglia caduta in disgrazia. La casa abbandonata è, nel frattempo, diventata rifugio di un povero diavolo e alcune sue stanze “mangiate” dalla mano morta della Curia vicina.
I PRETI E IL CUGINO
«Gianni ha davvero una casa in Abruzzo appartenuta alla sua famiglia dal passato illustre, che poi è crollata con il terremoto. Siamo partiti da questa suggestione personale e da altre – come il cugino che, nonostante l’età, è ancora un grande amatore o da una autentica diatriba di Gianni con i preti – per raccontare a modo nostro un uomo che attraversa la vita con garbo e gentilezza».
Fino a trovare, su quelle colline, anche un nuovo amore per una signora interpretata da Stefania Sandrelli. «Abbiamo pensato immediatamente a lei scrivendo il personaggio che, non a caso, si chiama Stefania. Non succede quasi mai, tanto che, mentre la sceneggiatura prendeva corpo, ci chiedevamo cosa avremmo fatto se poi l’attrice non avesse accettato di interpretare questo ruolo».
LA LISTA DELLA SPESA
Il film è ambientato ad Artena sui monti Lepini, un luogo sonnolento dentro i confini di quello che fu lo Stato Pontificio i cui antichi documenti certificano le proprietà di Astolfo anche se nessuno, dal sindaco al prete, sembra dare loro rilevanza. Eppure, il protagonista non perde (quasi) mai le staffe: per lui è naturale che nella casa finiscano per ritrovarsi altri personaggi sgangherati legati da una solidarietà che sgorga spontanea.
È, in fondo, il tocco di Pettenello: quell’affetto per i suoi protagonisti che aveva Monicelli e che mancava a Risi. Quello sguardo che rende preziosa anche una piccola sequenza, come quando Astolfo, senza batter ciglio, si fa dettare la spesa dall’inquilino abusivo.
UN PREMIO NON TI CAMBIA
«Mi viene molto facile trattare così i miei personaggi» confessa Pettenello. «Forse l’affetto per gli umili che condivido con Gianni deriva dal fatto che siamo umili anche noi».E in questo senso il David di Donatello non ha cambiato il suo modo di vedere le cose e di scrivere film. «Non credo che quel premio abbia inciso sul mio approccio al lavoro. Continuo a fare le stesse cose che facevo prima anche se, volgarmente, il mio agente, all’indomani della vittoria, mi ha detto che avremmo potuto chiedere più soldi in futuro. Non so se sia stato effettivamente così. Resto convinto che questo mestiere non si faccia per i premi: devi saperlo tu se sei stato bravo, non lo devono certificare gli altri. Però fa molto piacere perché un po’ tutti gli artisti sono insicuri e dubbiosi e conquistare un David mi ha fatto pensare che, in fondo, qualcosa di buono l’ho fatto. Noi sceneggiatori non siamo famosi e va bene così: però, dopo che mi hanno visto in televisione, ora anche la mia vicina di casa e i compagni di scuola delle medie sanno che lavoro faccio».
Dopo “Astolfo” (presentato alla Festa del Cinema di Roma e ora in sala), a gennaio uscirà il primo film da regista di Giuseppe Battiston “Io vivo altrove” scritto sempre da Pettenello che, nel frattempo, sta lavorando ad altri progetti: «Con Antonio Padovan abbiamo finito di scrivere “La consistenza della neve” anche se ora il film è fermo. Ma insieme a lui sto lavorando anche a un nuovo progetto, “Il segreto del Po” che si spera possa essere girato in primavera: è una specie di commedia che sta tra Spielberg e il cinema rustico veneto che ho sempre praticato. E poi sto ancora lavorando con Andrea Segre, che dopo Carlo Mazzacurati è uno dei registi con il quale ho ormai un sodalizio lungo e consolidato, a un film a cui tengo moltissimo e sto scrivendo una serie per la Rai con Alice Rohrwacher».
